Vapore acqueo per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna

Vanta dati robusti di efficacia terapeutica, di soddisfazione del paziente in termine di outcome clinico e miglioramento della qualità della vita. Rezūm™, una procedura che ricorre all’utilizzo di vapore acquo per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna, disponibile in Italia da circa 10 anni in strutture ospedaliera sull’intero territorio nazionale, si rinnova in una sua componente strutturale, il generatore, mentre il manipolo, fulcro attraverso cui viene erogato il vapore acque tramite un ago posto nella prostata, ha preservato le caratteristiche originali.

Nell’insieme il macchinario è più maneggevole, più versatile, più intuitivo: caratteristiche che rendono il device più adatto per procedure mininvasive, fuori dalla sala operatoria, con sensibili vantaggi per il paziente, per la logistica degli ospedali, la gestione e programmazione dei pazienti, i costi sanitario-assistenziali.

La tecnica

Di rapida esecuzione, circa 3 minuti procedurali complessivi, estremamente versatile, la tecnica è applicabile nella gestione di un range molto ampio in termini di dimensioni della prostata, passato dai limitati 5-8 g. di epoche precedenti, fino agli attuali 150 g.

La procedura, minimamente invasiva, consente di trattare l’IPB, non solo i sintomi associati, con ottimi outcome in un’alta percentuale di casi, da cui non può essere tuttavia esclusa una quota di recidive, effetti collaterali e fallimenti terapeutici. Similmente a quanto accade con trattamenti standard (la TURP (Resezione Transuretrale della Prostata), la resezione o l’enucleazione.

Rischi e benefici di cui il paziente va infornato preventivamente in corso di un colloquio preliminare a fronte dell’anamnesi, della valutazione del quadro clinico, delle attese del paziente, delle esigenze funzionali spesso correlate all’età (ad esempio nel giovane il mantenimento dell’eiaculazione, non doversi alzare di notte per urinare in adulti più maturi, togliere il catetere nell’anziano), valutando e condividendo le possibili opzioni terapeutiche “personalizzate” sul contesto e la persona. Oggi, infatti, è possibile avvantaggiarsi per il trattamento dell’IBP, oltre a soluzioni chirurgiche tradizionali, di approcci farmacologici, compreso fitoterapici di alta efficacia, di soluzioni mininvasive, di cui il vapore acqueo è esempio, grazie all’introduzione di strumenti e nuove tecnologie.

Il sistema Rezūm™

Utilizza energia termica umida, sotto forma di vapore acqueo, che viene iniettato nel tessuto prostatico per ridurre le dimensioni della prostata e fornire un sollievo duraturo, preservando le funzioni sessuali (la tecnica non impatta sull’erezione, eventualmente solo sull’eiaculazione) e urinarie, con indicazioni anche nel trattamento di pazienti con lobo medio, cioè un ingrandimento del terzo lobo centrale della ghiandola.

Il vapore acqueo viene rilasciato nella prostata che va a colpire il tessuto in eccesso che circonda l’uretra.

I benefici del trattamento non sono immediati ma variabili da una decina di giorni con effetti massimi in 6 mesi circa: nel tempo l’organismo rimuove il tessuto trattato con l’energia del vapore acqueo, alleviando la pressione sull’uretra con un sensibile miglioramento dei parametri clinici.

La procedura viene anticipata da una profilassi antibiotica, assunta anche nel post trattamento per alcuni giorni. Mentre un follow-up ottimale prevede una visita a 4-6 mesi per monitorare l’eventuale peggioramento dei sintomi e/o l’insorgenza di recidive e successivamente con una periodicità annuale. 

Al Niguarda, inoltre, il paziente viene accompagnato e seguito anche nell’immediato pre e post trattamento, con l’invio di una serie di video informativi sulla tecnica, i comportamenti da mantenere, le attese correlate all’intervento e eventuali rischi.

Vantaggi, sicurezza ed effetti indesiderati del trattamento

«L’efficacia del trattamento mininvasivo» spiega Silvia Secco, urologa, responsabile della struttura semplice per il trattamento dei disturbi minzionali dovuti a IPB, presso l’Ospedale Niguarda di Milano «viene misurata sulla base dell’IPSS (International Prostate Symptom Score), uno score che valuta i sintomi urinari causati dall’IPB, con un punteggio da 0 a 35. La misurazione viene condotta prima e dopo la procedura: le evidenze, in caso di risposta positiva al trattamento, in un paziente ad esempio con sintomi moderati, mostrano che il punteggio iniziale di oltre 15-20, si riduce mediamente 10-12 punti che impattano sia sui sintomi che sulla qualità di vita. Anche quest’ultima misurata con uno score, su una scala da 0 a 5, sceso da 4-5 a 1-2. In relazione al flusso urinario valutato con un test di uroflussometria si osserva una sensibile variazione del tracciato: da molto basso, tipico di una persona con un flusso ostruito, a un andamento a campana, indice di risposta al trattamento. Ulteriori benefici della procedura includono l’alta probabilità di mantenimento dell’eiaculazione (80-85%) che, tuttavia, non è la certezza, la probabilità elevata nel paziente anziano di togliere il catetere (70-80%), una riduzione nel tempo dei valori del PSA. Il paziente va tuttavia informato anche della manifestazione di possibili effetti collaterali nel post trattamento, come disturbi irritativi gestibili con un approccio farmacologici o di rari casi di infezione urinaria. Non ultimo esiste una quota di pazienti, i cosiddetti failure, che non rispondono al trattamento a causa delle caratteristiche del tessuto prostatico che a seguito della procedura si rifonde, anziché aprirsi, su cui può incidere anche in minima parte l’abilità dell’operatore (sebbene sia personale sempre adeguatamente formato e la tecnica sia maneggevole). Sono inoltre possibili delle recidive, stimate oggi intorno all’8-10% con dati in elaborazione».

Non ultimo per i pazienti ci sono vantaggi legati a: la rapidità della tecnica, il dolore contenuto, la sedazione (del tutto simile a quella di interventi di gastroscopia) che oggi ricorre anche a tecniche digitali o di Intelligenza Artificiale, come degli Smart Glasses, utilizzati al Niguarda, che immergono il paziente in una realtà virtuale, una “confort zone” molto avvolgente che toglie la mente dall’intervento in corso.

Infine, i vantaggi sono anche logistici e organizzativi, con un impatto sulla “sostenibilità” per le strutture ospedaliere: il trattamento, eseguibile fuori dalla sale operatoria, allarga la possibilità di trattamento a un numero maggiore di pazienti, con ricadute positive anche sull’alleggerimento delle liste di attesa, a fronte delle capacità dei singoli ospedali tenuto conto dei costi del dispositivo e di diverse altre variabili.

«L’auspicio» conclude la dottoressa Secco «è che il trattamento nel futuro possa ricevere la rimborsabilità del Sistema Sanitario Nazionale, con relativo DRG, per poter estendere la procedura a una platea più ampia di pazienti che ne potrebbero beneficiare. Oggi, infatti, viene eseguita in DH, a carico del paziente».

Il trattamento che rientra nei MIST, inizialmente pensato per pazienti che desideravano una soluzione veloce, efficace, fuori dalla sala operatoria, con minori rischi rispetto ai trattamenti chirurgici standard, poco propensi a rivolgersi all’urologo, è stata oggi estesa anche al paziente fragile per gli outcome positivi dimostrati dalla tecnica.

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