BPCO: l’importanza del linguaggio

Un momento della conferenza “BPCO, novità nella cura”

Secondo l’OMS la BPCO, la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva, diventerà la terza causa di morte entro il 2030, principalmente a causa del fumo di sigaretta ma anche dell’inquinamento.

Già oggi muoiono ogni anno 2 milioni di persone per BPCO, eppure secondo l’89% dei professionisti sanitari la maggioranza dei pazienti che soffre di questa patologia non ne percepisce la reale gravità.
Il che significa che l’aderenza alle cure – essenziale per evitare il repentino peggioramento dei sintomi respiratori, che porta a un veloce progressione della malattia – è bassa.

Dell’importanza di saper comunicare ai propri pazienti i reali rischi connessi alla BPCO ha parlato Paola Perna, docente di Comunicazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nel corso della conferenza “BPCO, novità nella cura”: il medico deve ricorrere a termini semplici, alla portata del paziente, termini che rimandino alla sua quotidianità e non a situazioni che potrebbero essere percepite come distanti.

In effetti, mentre secondo la letteratura quasi il 50% dei pazienti con BPCO non segue la terapia in modo adeguato, un sondaggio ha rilevato che il 69% dei pazienti è convinto di ciò che è necessario.
«Esiste un limite di comunicazione», secondo Paola Perna. «Per parlare di “alleanza terapeutica”, rendere consapevoli i pazienti, sarebbe necessario un linguaggio comune, semplice e concreto, per dialogare e riuscire a visualizzare sensazioni astratte come, per esempio, “soffocare nella nebbia”».
Il linguaggio diventa così – insieme alla semplificazione nella terapia, mirata a offrire ai pazienti la possibilità di inalare più farmaci utilizzando un unico dispositivo – un elemento chiave per aumentare l’aderenza terapeutica.