I consigli dei cittadini alle istituzioni

Medical consultationI rapporto “I due volti della sanità. Tra sprechi e buone pratiche. La road map per la sostenibilità vista dai cittadini”, promosso da Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato e presentato lo scorso 16 marzo a Roma, ha portato, tra l’altro, alla creazione di una road map fatta dai cittadini e divisa in una trentina di punti, uniti uno all’altro come le perle di una collana. Come vedremo, nei vari punti compaiono anche azioni da effettuare fuori dall’ambito sanitario, in una visione più coerente e integrata di Paese. Vediamone alcuni.

Il primo punto riguarda il riportare il malato con i suoi bisogni al centro del Ssn: per esempio, permettere un accesso più rapido e comodo alle prestazioni, favorire la medicina territoriale, lavorare sul suo empowerment e formazione.

Segue la necessità di eliminare le storture del Ssn che rendono più vantaggioso rivolgersi al settore privato, tra cui i prezzi dei ticket per alcune prestazioni maggiori ai costi offerti dal privato.

Diventa poi essenziale, secondo i cittadini, smettere di accanirsi solo sugli sprechi in ambito sanitario e iniziare a tagliare da altre parti, forse più dispendiose del Ssn stesso.

Segue direttamente dal punto precedente la richiesta di definire un livello di finanziamento minimo, sotto il quale è impossibile scendere, perché fondamentale per garantire i Lea a tutti i cittadini. Facendo ciò sarà possibile «iniziare a programmare la sanità pubblica anche a medio-lungo periodo e occuparsi del diritto alla salute anche delle generazioni future».

Garantire che i risparmi fatti in sanità, eventualmente anche intervenendo sulle ragioni di spreco presentate dal Rapporto, restino nel fondo del Ssn, per poterlo migliorare e implementare. Oggi non è sempre vero.

Ragionare in termini di «programmazione integrata della spesa pubblica intra ed extra sanitaria; una prestazione sanitaria ad alto costo che potrebbe risultare non sostenibile guardando al suo specifico capitolo di spesa, potrebbe invece esserlo se si riuscisse a guardare al suo impatto positivo su altri capitoli di spesa pubblica e a utilizzarne le relative risorse». È quindi necessario attivare una visione di insieme, per la quale può valere la pena spendere un poco di più in un ambito se ha effetti positivi a cascata in altri.

Ricominciare a fare programmazione sanitaria nazionale e, a livello regionale, fare sì che in tutte le Regioni vi sia unione tra ambito sanitario e ambito sociale; per programmare in modo adeguato è necessario conoscere gli aspetti epidemiologici presenti e i trend futuri e ciò richiede un rinforzo dei registri epidemiologici regionali.

Decidere non basta: la programmazione deve passare dalla carta ai fatti in tempi brevi.

Migliorare i modi di verificare come funziona il Ssn, per esempio introducendo il parere dei cittadini nei vari tipi di survey e una dimensione qualitativa e non solo quantitativa dell’erogazione dei Lea.

Integrare il livello sanitario con quello sociale, passo fondamentale per farsi carico delle cronicità, ma anche le istituzioni coinvolte nel processo di cura e i flussi informativi.

Semplificare sul serio la burocrazia, anche attraverso l’aggressione delle «esistenti duplicazioni di centri decisionali, funzioni e strutture: assorbono risorse indebitamente, penalizzano l’equità di accesso e rallentano l’accesso ai servizi per i cittadini. È il caso, per esempio, delle Commissioni Regionali del Farmaco che ripetono analisi già svolte dall’Aifa, dei “reparti fotocopia” o dei “primariati” inutili. L’innovazione tecnologica offre opportunità di semplificazione clinica, amministrativa e organizzativa».

Lavorare sull’intramoenia e sui lunghi tempi di attesa. Una via possibile viene suggerita nel Rapporto: «il varo in tempi brevi del piano nazionale di governo dei tempi di attesa che preveda la sospensione automatica dell’intramoenia quando i suoi tempi di attesa sono più bassi di quelli istituzionali; la centralizzazione al livello regionale delle agende di tutti gli erogatori pubblici, privati convenzionati e università; la gestione aziendale delle agende dei ricoveri; il recalling organizzato in tutta le Regione; percorsi di garanzia per il rispetto dei tempi massimi e per la non frammentazione dei percorsi per malati cronici, rari, oncologici».

Implementare l’uso dell’Health Tecnology Assessment per governare al meglio l’accesso all’innovazione tecnologica. L’Hta prevede infatti la partecipazione all’iter decisionale degli stakeholder, compresi i cittadini e le associazioni dei malati.

«Approvare e implementare un provvedimento normativo per il dimensionamento delle strumentazioni/apparecchiature/tecnologie sanitarie (per esempio, per bacino di utenza) del Ssn (come fatto, per esempio, con gli standard ospedalieri)».

Promuovere l’uso di farmaci equivalenti e biosimilari.

Promuovere politiche per favorire l’adeguatezza terapeutica, che è riconosciuta come causa di spreco dal momento che molti cittadini non rispettano la cura e quindi poi si trovano ad avere nuovamente bisogno dell’ospedale, per esempio, o di ulteriori visite.

«Centralizzare gli acquisti dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale garantendo qualità, sicurezza, innovazione e personalizzazione degli stessi». Il provvedimento dovrebbe coinvolgere non solo il materiale medico-sanitario, ma anche quello per l’ufficio e così via.

E ancora, uscendo dalla sequenza, è necessario che vi sia una vera presa in carico integrata delle cronicità, magari unitamente all’approvazione di standard nazionali per l’assistenza sanitaria territoriale. Al contempo è essenziale diffondere attraverso formazione e confronto la cultura dell’appropriatezza e implementare a livello nazionale l’informatizzazione della sanità. Ancora, è utile definire e far rispettare degli standard per il personale e «istituire un Programma Nazionale Buone Pratiche in sanità per garantirne la loro effettiva e diffusa implementazione sul territorio nazionale».

Stefania Somaré