Governare il futuro

Governare il futuroUn intero capitolo del rapporto Oasi curato dal Cergas dell’Università Bocconi è destinato a ospitare le riflessioni dell’Osservatorio sul Management degli acquisti in sanità (Masan) sulle dinamiche della centralizzazione.

Premessa necessaria per contestualizzare le attività dell’Osservatorio Masan (sigla che indica il Management degli acquisti in sanità) del Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale o Cergas della Bocconi è l’evoluzione del contesto normativo nazionale. Nel corso degli ultimi anni è stato in primo luogo il legislatore stesso a dare un forte impulso alle strategie centralizzate per l’acquisizione di beni e servizi e il percorso è destinato a continuare. Ad accompagnarlo sono opportuni tavoli istituzionali di discussione, mentre secondo la coordinatrice del Masan Giuditta Callea le prerogative di quest’ultima iniziativa sono differenti. L’idea è rappresentare un ulteriore luogo di confronto e di scambio fra pubblico e privato le cui neutralità e indipendenza sono assicurate dalla presenza dell’ateneo milanese con il suo comprovato rigore scientifico-metodologico. È alla luce di tale approccio che l’osservatorio mira alla raccolta di evidenze inerenti il ciclo dell’acquisto con particolare attenzione alle Regioni, in modo da generare ulteriori spunti e competenze. Allo stesso tempo, l’intenzione è di gettare lo sguardo anche oltre i confini della Penisola, per trarre dal paragone con sistemi sanitari più o meno simili al nostro adeguati benchmark ai quali ispirarsi e coi quali coerentemente raffrontarsi. La cornice teorica ospitante le ricerche dell’Osservatorio è protagonista di un intero capitolo del tradizionale Rapporto Oasi, curato sempre dal Cergas. Gli studi di Masan sono però pronti a proseguire nei prossimi anni, con focus sull’aggregazione della domanda; sulle modalità di acquisto; il loro impatto sui mercati.

Le regole del gioco
Sul cosiddetto framework si è soffermato Francesco Longo, responsabile scientifico dell’Osservatorio Masan, che ha sottolineato come il processo di riduzione delle stazioni appaltanti in Italia (da 20 mila a 30 soltanto) sia un caso pressoché unico al mondo. Un unicum che è tuttavia necessario imparare a gestire e proprio la messa a disposizione degli strumenti adatti a farlo è una delle finalità che il progetto Masan si è prefissato. Per Longo, il punto-chiave è la creazione di un sapere diffuso che permetta a ogni attore coinvolto di giocare il suo ruolo a fronte di regole precise. Su un terreno unitario, cioè, entro al quale le distinzioni e le contrapposizioni fra pubblico e privato; profit e no-profit, Stato e impresa o ancora governo centrale e autorità locali possano dirsi superate, in vista del bene comune. Non solamente la reputazione inattaccabile è il tesoro che l’Università Bocconi può presentare ai portatori di interessi nel segmento del business sanitario. Perché una fonte di ricchezza inestimabile è altresì incarnata dai suoi database, dal valore crescente nell’epoca dei big data: la loro analisi è quasi un obbligo di responsabilità sociale, oggi, secondo Francesco Longo. Sono chiare le linee guida lungo le quali l’indagine dovrà muoversi, per avere successo e risultare efficace. La lente d’ingrandimento deve esser puntata sui fattori abilitanti come sulle criticità della centralizzazione, nella consapevolezza che la transizione è tutto fuorché facile da governare. Le modalità di accesso alle gare, prima ancora di quelle del mero acquisto, vanno sviscerate e sezionate, corroborate da informazioni e valutazioni ex post sui contratti, i fornitori e le forniture relative. La cornice deve quindi rispondere alle caratteristiche della chiarezza; di una certa intuitività, pur dovendo affrontare quel che Longo ha definito «un ciclo complesso». Di esso fanno parte pure i driver della centralizzazione e i motivi di una eventuale resistenza da parte dei player interessati. In gioco c’è anche una differente concezione del valore dei beni e dei servizi pertinenti alla sanità, la definizione di quel che sul panorama italiano sia davvero utile e abbia un prezzo giusto, non necessariamente basso.

Un orizzonte decennale
Presupposto inevitabile è che «i prodotti devono essere correlati e allineati al bisogno» e questo rende necessaria l’analisi di un intero ventaglio di «indicatori complessi» e in costante mutamento. L’orizzonte temporale di dieci anni almeno che Cergas e l’Osservatorio Masan si sono posti è d’altro canto ampio a sufficienza per abbracciare gli immancabili cambiamenti del settore, tanto su base regionale quanto in ambito nazionale; presso le imprese e i governi. L’imperativo primario è l’accrescimento delle conoscenze nel corso del tempo e da questo punto di vista è fondamentale la possibilità di dare vita a serie storiche estese e dinamiche, tali cioè da consentire un apprendimento costante e duraturo a tutti gli stakeholder coinvolti. Prescindendo dalle disparità di approccio alla governance sanitaria da un luogo all’altro d’Italia, la cornice metodologica destinata a inquadrare il lavoro dell’Osservatorio e dunque a fare emergere le logiche di acquisto si compone di quattro piani distinti. Gli assetti istituzionali e quelli organizzativi e gestionali ne sono le variabili indipendenti; i risultati di performance e gli impatti socio-economici sono le variabili dipendenti. All’interno di ognuno di questi raggruppamenti, «come in una matrioska», si ritrovano altre dimensioni. Gli ambiti di intervento delle centrali di acquisto e le loro estensioni, per esempio. Oppure le modalità di programmazione delle procedure di gestione degli acquisti; e ancora l’incidenza delle attività centralizzate sul totale delle attività di un sistema sanitario regionale. Per finire, a proposito degli impatti socio-economici della centralizzazione, con l’equità dell’accesso ai mercati da parte delle imprese e segnatamente di quelle piccole e medie, sia locali, sia nazionali o estere. Essenziale sarà anche l’opera di approfondimento delle conoscenze riguardanti le modalità del lavoro presso le organizzazioni regionali competenti e di valutazione dei rispettivi livelli di performance. Quanto poi alla stima degli impatti socio-economici, essa è determinante per «comprendere se i contratti siglati abbiano un autentico valore» alla luce delle direttive di metodo. E cioè se «siano coerenti nell’indirizzare il bisogno di salute dei pazienti» e se per conseguenza «possano dirsi mirati rispetto ai soggetti e alle loro patologie». Non da ultimo, l’accento sulle piccole e medie aziende è importante perché l’interpretazione del bisogno e le soluzioni che al bisogno di cerca di dare influenzano largamente il loro comportamento. Allora, è doveroso studiare quante e quali aggregazioni si siano concretizzate e in che modo questo particolare consolidamento possa avere inciso sulla geografia medesima delle imprese.

La storia ci insegnerà molto
Sempre per quel che riguarda l’impianto metodologico, Francesco Longo ha ricordato che una parte dei dati utili all’Osservatorio provengono dai desk delle centrali di acquisto e per la precisione dai loro canali web istituzionali e dalle loro banche-dati pubbliche. Molti dei contenuti sono però in toto originali e cioè derivati da survey mirati che i ricercatori hanno proposto a una varietà dei soggetti coinvolti. Accanto a questi, non mancano casi di studio e benchmarking; nonché informazioni rilevate a partire dai focus group anonimi sulle centrali. «La sistematizzazione dei dati è la vera grande sfida» che attende l’Osservatorio anche nel parere del ricercatore Niccolò Cusumano, a sua volta attivo in seno al progetto Masan. Questi ha posto l’accento sulle difficoltà interpretative dovute all’eterogeneità delle fonti, a partire dai database dei soggetti aggregatori e da quelli delle centrali di acquisto. Gli indicatori cruciali del framework messo a punto in Bocconi sono 91 e solo una piccola parte di essi è stata al momento già messa a sistema. Il primo passo in avanti coinciderà con la descrizione di un identikit ideale delle centrali e delle mansioni che esse svolgono; di qui si procederà verso una stima quantitativo-qualitativa del loro livello di performance e di qualità. I costi complessivi di funzionamento delle strutture di aggregazione-centralizzazione, sulla base delle loro rispettive attività e funzioni, è un altro degli ambiti coperti dal work in progress. Ciò permette di identificare con «le attività di committenza, preparazione, organizzazione, assegnazione e svolgimento delle gare» il vero e proprio core business delle svariate centrali, cui fanno da corollario attività ausiliarie quali la gestione delle piattaforme di e-procurement. L’Osservatorio ha passato in rassegna i casi dei principali soggetti aggregatori italiani riportando i risparmi da essi generati – 400 milioni nel 2016 quelli attribuiti per esempio alla lombarda Arca – e ha stimato in 71 miliardi di euro il valore complessivo delle iniziative a essi riconducibili, regione per regione. In virtù del superiore gradiente di standardizzazione, farmaci e vaccini sono stati sino a questo momento fra le classi merceologiche più interessate dalla centralizzazione, che ha prodotto una diminuzione della spesa da 24 punti percentuali. Qualcosa di simile è accaduto anche nella categoria aghi e siringhe, con un budget in calo del 41%, stando alla media espressa dai soggetti aggregatori. In generale, quello della centralizzazione degli acquisti sembra essere un processo bene avviato e in corso di consolidamento, nella visione di Cusumano. I futuri lavori dell’Osservatorio e l’estensione dello sguardo a classi di beni e servizi non standard consentiranno di dire qualcosa in più.

Roberto Carminati