Humanitas Aya, un programma per i giovani che affrontano il cancro

Humanitas Aya, un programma per i giovani che affrontano il cancroLe patologie onco-ematologiche maligne (fra cui linfomi, leucemie, sarcomi, tumori germinali, tumori cerebrali) nella fascia d’età fra i 16 e i 39 anni rappresentano la causa più comune di morte nelle società industrializzate, dopo omicidi, suicidi e incidenti non intenzionali.

Negli Stati Uniti si registrano 72 mila nuovi casi l’anno, in Canada 2.500, in Europa 66 mila (di cui 15 mila in Italia).

Negli ultimi vent’anni in Humanitas sono stati affrontati almeno 300 nuovi casi ogni anno di giovani pazienti tra i 16 e i 39 anni, per la maggior parte originari della provincia di Milano, ma con una significativa incidenza di individui provenienti da altre aree del Paese.

A loro l’Irccs Istituto Clinico Humanitas si rivolge con il progetto Aya (acronimo per Adolescents and Young Adults), un «percorso clinico e psicosociale» e «una guida nella vita di tutti i giorni, ospedaliera, familiare e lavorativa» che mira ad aiutare i pazienti a superare molti degli ostacoli con cui si devono confrontare durante e dopo la terapia.

«Avere un figlio dopo il tumore, superare il blocco mentale della malattia, vivere l’età adulta senza ansie, trovare un lavoro», come hanno ricordato le fonti di Humanitas stessa, che hanno descritto l’iniziativa Aya come «un percorso clinico e psicosociale, una guida nella vita di tutti i giorni, ospedaliera, familiare e lavorativa».

I giovani pazienti Aya «sono supportati dagli specialisti del Cancer Center di Humanitas che li seguono in tutte le fasi della cura attraverso un approccio multidisciplinare (consulto genetico, ginecologia dedicata alla preservazione fertilità, cardiologia, endocrinologia, fisioterapia, psicologia) che mira a ridurre le complicanze cliniche a lungo termine e a migliorare la qualità della vita».

Naturalmente, la scelta di ambienti consoni e pensati specificamente per questo tipo di soggetti, è fondamentale.

«Al primo piano del building 2 è stata allestita una stanza speciale, dove i ragazzi trascorrono il tempo libero. Un ambiente informale e accogliente per fare una colazione in compagnia, guardare un film, leggere un libro, sfidarsi ai videogame, tra una terapia e una visita di controllo».

Né mancano opportune occasioni di formazione: un laboratorio di cucina curato dallo chef-divulgatore scientifico della Fondazione Umberto Veronesi Marco Bianchi e uno di fotografia, sotto la guida esperta di Maki Galimberti. Le professoresse Sofia Mede Repaci e Viviana Ponti si occupano del laboratorio di scrittura creativa e Annig Raimondi, della compagnia Pacta, di quello di teatro.

«Gli adolescenti e i giovani adulti», ha detto a margine della presentazione del progetto il professor Armando Santoro, responsabile del Cancer Center di Humanitas e docente di Humanitas University, «appartengono a una terra di nessuno, dove la prognosi risulta essere peggiore rispetto ai pazienti pediatrici e ai pazienti adulti.
Mentre la sopravvivenza in onco-ematologia per i bambini è cresciuta sensibilmente negli ultimi 20 anni (del 30% prima dei 4 anni e del 40% tra i 5 e i 15 anni), nel gruppo Aya si è assistito solo a un minimo miglioramento. In questo contesto possiamo sicuramente parlare di un reale divario clinico, biologico e psicosociale».

A Santoro ha fatto eco Alexia Bertuzzi, oncologa e responsabile di Aya presso Humanitas: «I pazienti onco-ematologici Aya condividono una peculiare epidemiologia, caratteristiche biologiche comuni e un insieme di necessità mediche e psicosociali assolutamente uniche.
Partendo da qui abbiamo dato via al progetto Aya che, senza il grande entusiasmo e collaborazione dei ragazzi, non sarebbe potuto diventare realtà.
Quando si è giovani è più facile pensare che la vita finisca per una guerra nucleare piuttosto che per una malattia terminale.
Questo lo spirito e l’anima dei nostri ragazzi e la loro incredibile forza: la gioventù non si piega a nulla, nemmeno ad una diagnosi clinica».

Roberto Carminati