I veri responsabili delle infezioni ospedaliere

Fino all’inizio degli anni ‘80 le infezioni ospedaliere erano dovute principalmente a batteri gram-negativi, come E. coli e Klebsiella pneumoniae. Poi, per effetto della pressione antibiotica e del maggiore utilizzo di presidi sanitari di materiale plastico, sono aumentate le infezioni sostenute da gram-positivi, soprattutto enterococchi e Stafilococcus epidermidis e quelle da miceti (soprattutto Candida), mentre sono diminuite quelle sostenute da gram-negativi. Inoltre, a partire dal 1988 sono state segnalate negli Stati Uniti numerose epidemie di tubercolosi multiresistente in ospedale tra pazienti sieropositivi. Negli anni ‘90 segnalazioni simili sono state riportate anche in Europa (Italia, Gran Bretagna, Francia, Spagna), tutte accomunate da una letalità elevata (72-90%), da un intervallo breve tra esposizione e sviluppo della malattia e tra diagnosi e decesso. La tubercolosi multiresistente rappresenta un rischio consistente per gli operatori sanitari. Si è evidenziato inoltre come l’Italia sia uno dei Paesi europei con la proporzione più elevata di infezioni sistemiche sostenute da Staphilococcus aureus meticillina-resistente (Mrsa) su tutte le infezioni sistemiche da Staphylococcus aureus. Questo microrganismo ha origine prevalentemente ospedaliera e la frequenza di infezioni sistemiche da Mrsa viene utilizzata da diversi Paesi come indicatore di trasmissione di infezioni nelle organizzazioni sanitarie. Negli Stati Uniti si è dimostrato che il ricorso sistematico al semplice lavaggio delle mani tra un paziente e l’altro da parte dei medici e del personale sanitario ridurrebbe la mortalità annuale da Mrsa (meticillino-resistente lo Staphylococcus aureus) di circa il 25%.