Il laboratorio del risparmio

Nel contesto del settimo convegno N.I.San tenutosi presso gli Ospedali Galliera di Genova al dottor Marco Mori è spettato il compito di illustrare come una diversa logica di governance e gestione delle risorse economiche possa applicarsi con successo anche alle attività di analisi.

La seconda giornata del settimo convegno N.I.San sul tema “I costi standard in sanità” svoltosi presso il Galliera di Genova si è aperta con il saluto istituzionale dell’assessore alla Sanità della regione Liguria Sonia Viale. Senza limitarsi ai convenevoli di circostanza, l’esponente della giunta ha parlato dei costi standard come di una componente fondamentale di ogni attività riformatrice del sistema sanitario locale e nazionale. E li ha definiti «un tema cruciale per la sostenibilità economica» nonché uno dei tasselli «del federalismo fiscale». È stata questa pertanto una ulteriore dimostrazione di come l’argomento stia prendendo piede e acquisendo progressivamente importanza in ambito politico; non solo fra gli addetti ai lavori. Di quest’ultima categoria fa a tutti gli effetti parte invece il dottor Marco Mori, primo fra i relatori della seconda giornata, appunto, che dal 2002 è il direttore del laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche degli stessi Ospedali Galliera. Una competenza, questa, che ne ha fatto l’oratore ideale per parlare dell’applicazione dei costi standard ai laboratori.

Le attività e i driver

Secondo Marco Mori, da 15 anni professore a contratto presso la Scuola di specializzazione in Patologia clinica dell’università degli Studi di Genova, quello dei costi standard è infatti un argomento «interessato da una continua evoluzione applicativa». Una percepibile tendenza è per esempio quella dell’allocazione dei costi a seconda delle attività. Per approdare a una tale policy si è passati per l’instaurazione, sul finire dello scorso decennio, delle strategie basate sui centri di costo, «che ha tuttora una sua ragion d’essere e un suo valore», stando a Mori. Tuttavia, in termini di pura efficacia, è opinione del docente direttore di laboratorio che la ripartizione dei budget per attività rappresenti a tutti gli effetti un passo in avanti. Tenendo però presente che «ogni risorsa disponibile consuma, a sua volta, risorse; e pertanto ha un suo costo». Il cosiddetto costo pieno adottato come punto di riferimento dagli esperti del Network italiano sanitario «è difficile da calcolare ed elaborare», perché complicata è l’identificazione stessa di quelli che Mori ha definito «i costi-driver». Ovvero «le attività rilevanti allo scopo di determinare con esattezza il costo pieno». Lo spartiacque che lo specialista ha tracciato fra le stime effettuate sulla scorta della metodologia dei centri di costo e quelle fondate sulle attività, è che le prime indagano «i sintomi del costo». Laddove, al contrario, le seconde si addentrerebbero più in profondità nella relativa eziologia, nella ricerca delle cause ultime. Anche per questo motivo esse rappresentano per certi versi «l’unico strumento realmente affidabile per comprendere se i servizi sanitari stiano generando un valore effettivo, a fronte delle risorse che essi assorbono». La costruzione di adeguati modelli di analisi dei prodotti e l’introduzione di un paradigma di benchmarking è inoltre foriera di «vantaggi competitivi».

Passato e futuro della tariffazione

Per quel che concerne nel dettaglio le mansioni specifiche del laboratorio, Marco Mori ha ricordato come in passato lo schema predominante fosse quello delle sovvenzioni incrociate. Questa cornice prevedeva che i test più semplici ma caratterizzati da una marginalità più cospicua finissero de facto per finanziare quelli specialistici, senza dubbio più onerosi dal punto di vista economico-finanziario ma allo stesso tempo penalizzati, in termini di margine. Un cambiamento di grande interesse, sotto questo aspetto, è stato quello promosso in coincidenza con la messa a punto e la promulgazione, fra il 2012 e il 2013, del decreto Balduzzi, dal nome dell’allora ministro per la Salute Renato Balduzzi. Il provvedimento includeva e integrava altresì «l’approfondimento dei costi diretti e indiretti, e della matrice delle prestazioni»; i mutamenti che ha apportato si sono riflessi in un calo delle tariffe stesse. Inevitabile era la presa di coscienza «di quelle incongruenze che», ha argomentato il dottor Mori, «intercorrevano fra il vecchio nomenclatore e le prestazioni diagnostiche di più recente introduzione». Limitatamente alla regione Liguria, «il varo del Codice Unico ha cercato di portare avanti una logica inedita» mentre dal canto loro i rinnovati Livelli essenziali di assistenza (Lea) ipotizzano un aggiornamento del nomenclatore, sì, ma non già dei tariffari. Prendendo in considerazione però «un nomenclatore aggiornato» e «la comparazione incrociata delle voci con il ministero per le Finanze», il rischio paventato dal dottor Marco Mori è che possano essere ritenute come soggette a esenzione anche prestazioni «non esenti».

Dalla teoria alla pratica

Per illustrare come una diversa ripartizione dei costi per prestazione possa incidere variamente sui bilanci della sanità e sulla performance di un laboratorio nello specifico, Mori ha fatto ricorso ad alcuni esempi pratici, e tratti cioè di fatto dalle esperienze del quotidiano. Si è partiti dai test sui livelli di glicemia, ai quali nel 2007 veniva attribuita una tariffa pari a 1,3 euro. A questa cifra corrispondeva una marginalità, e quindi un valore di sostenibilità rispetto al costo, del 32%. È a partire dal 2014 e quindi in virtù dell’introduzione del sistema di calcolo della matrice di costo, che il costo specifico è cambiato, andando a eguagliare la tariffazione più recente. Ciononostante «in sede di gara è possibile notare come il costo specifico medesimo sia di un euro e rimane perciò sostenibile anche a fronte della variazione tariffaria». Altro caso descritto da Marco Mori è stato quello degli esami enzimatici i quali ancora nel 2014 «evidenziavano invece una negatività percentuale della riserva economica, posto un costo in gara equivalente a 26 centesimi». Il Decreto Balduzzi ha inciso sulla riduzione percepibile in corso presso la tariffazione dei test su alcuni marcatori oncologici. Questi potevano vantare «una notevole riserva economica di sostenibilità», secondo il direttore di laboratorio del Galliera, e nell’ambito delle gare di acquisto il loro costo è fissato a 0,86 euro. La relativa tariffa «è stata oggetto sì di un ridimensionamento del 50% circa», e in ogni caso ha mantenuto intatte o quasi le sue precedenti prerogative di sostenibilità. L’ingresso massiccio dell’automazione ha influenzato il peso della riserva economica tipica di esami come quelli dello Hcv-Rna quantitativo, per l’identificazione del virus dell’epatite di tipo C, causandone una evidente diminuzione percentuale. E in linea generale è stato osservato che il sistema delle gare centralizzate è sfociato nella definizione di una situazione diversa ma non per questo da considerarsi meno sostenibile a fronte della nuova tariffazione.

Economie di scala ed efficienza

A paragone con chi aderisce alle gare, è restato penalizzato chi, per converso, ha conservato il vecchio sistema tariffario. Il calcolo delle performance in sanità, visto nella prospettiva di Marco Mori, «deve essere in grado di misurare l’efficienza in base ai costi per unità prodotta, del tempo; della minimizzazione degli scarti e della qualità intesa come diminuzione degli errori». Sempre in Liguria, l’Agenzia regionale ha provveduto a emanare direttive precise al riguardo raccogliendo gli input e le suggestioni formulate dagli specialisti, dunque dai medici impegnati sul campo. Sono le fondamenta a partire dalle quali è possibile «gestire e integrare in maniera diversa e più efficace le economie di scala, facendo leva sui costi standard da un lato; dall’altro sulle azioni di pianificazione e programmazione di acquisti e risorse umane». Gli stessi laboratori di analisi sono chiamati a individuare «ulteriori elementi di misurazione delle efficienze o delle inefficienze; e di centralizzazione». E comprendere appieno la struttura dei costi «significa acquisire la conoscenza delle interazioni fra le variabili strutturali, le economie di scala, i flussi di attività non da ultimo». Ancora, per la rete dei lab è importante sostenere, come ha detto Mori in conclusione, «che la tipologia e la concentrazione degli esami presso l’una o l’altra realtà deve dipendere dalle rispettive capacità e competenze, dunque dall’efficienza e qualità di ciascuna, non dalla dimensione».

Roberto Carminati