Microscopia confocale e diagnosi dei tumori dermatologici

Melanoma (immagine: Wikipedia, fonte: National Cancer Institute)

Marco Ardigò, ricercatore dell’Istituto San Gallicano e preside della Facoltà di Medicina di Modena, in occasione del recente World Congress of Confocal Microscopy, di cui era presidente, ha ricordato che «l’Italia è uno dei Paesi nei quali la microscopia confocale è più diffusa, ciononostante ancora non tutti i medici ne conoscono i vantaggi e le applicazioni potenziali».

Di che cosa si tratta? Lo spiega il dottor Ardigò: «la microscopia confocale in vivo è una tecnica di imaging cutaneo in grado di fornire una sorta di biopsia virtuale, che può essere utilizzata per approfondire diagnosi in tempo reale, in modo non invasivo e con risultati affidabili, potenzialmente in gran parte dei processi tumorali e infiammatori della cute.
Se eseguita ex vivo, quindi su tessuto asportato, permette di poter anticipare i tempi delle analisi istologiche standard, che richiedono circa una decina di giorni.
La specificità, cioè la capacità di escludere la presenza della malattia, di questo metodo è particolarmente elevata.
Quindi questa nuova metodica consentirebbe di intervenire solo se necessario e non in via preventiva in caso di sospetto, di risparmiare i tessuti sani peri-neoplastici, di eliminare tutto il tessuto malato senza dover rimandare a un secondo intervento nel caso l’esito della biopsia risultasse poi positivo».

In altre parole, se il chirurgo ha a che fare con un melanoma o un carcinoma cutaneo, le due neoplasie su cui la metodica è stata maggiormente utilizzata, può servirsi della microscopia confocale per valutare, passo per passo, se ha esportato tutto il tessuto tumorale o meno, permettendo così di salvare tessuto periferico non intaccato dalla patologia.

La stessa tecnica consente inoltre di decidere con maggior sicurezza quando togliere o meno un neo degenerato, intervenendo solo se davvero necessario. Se a oggi la metodica si usa principalmente sulla cute è perché le ottiche sviluppate non consentono di raggiungere altri tipi di tessuto epiteliale, come le mucose.

Una lacuna che sta per essere colmata con l’ideazione di ottiche ad hoc per raggiungere il cavo orale e le mucose genitali, per esempio. Ma questa metodica, usata ex vivo, si potrebbe applicare anche ad altre tipologie di tumori, in combinazione per esempio con l’esame istologico. Ovviamente, come per l’esame istologico, anche la lettura di un esito da microscopia confocale necessita di una adeguata formazione per poter essere interpretato correttamente.