Nuovo modello in vitro di tessuto osseo umano per studiare l’ossificazione

Nuovo modello in vitro di tessuto osseo umano per studiare l'ossificazioneA fine gennaio è uscito sulla rivista Advanced Biosystems un articolo in cui viene descritto un nuovo modello di tessuto osseo umano e il suo funzionamento nello studio della formazione e maturazione delle ossa.

Un modello che promette di poter abbandonare la ricerca su animali nelle ricerche che studiano le patologie dell’osso e la loro cura.
I modelli animali sarebbero infatti limitati dal fatto che i topi utilizzato, geneticamente modificati, spesso sviluppano disordini nella mineralizzazione.
Inoltre, dal momento che un topo non è un essere umano, le misurazioni ottenute nei test in vivo, per esempio in termini di volume di formazione ossea, possono essere approssimative rispetto a quanto accade nelle ossa umane.

Quello presentato dal professor Liam Grover e dalla dottoressa Alexandra Iordachescu dell’Università di Birmingham e dalla dottoressa Philippa Hulley, dell’Università di Oxford, nello studio “An In Vitro Model for the Development of Mature Bone Containing an Osteocyte Network” (Iordachescu A, Amin HD, Rankin SM, Williams RL, Yapp C, Bannerman A, Pacureanu A, Addison O, Hulley PA, Grover LM (2017). An In Vitro Model for the Development of Mature Bone Containing an Osteocyte Network. Advanced Biosystems Vol. 1, Issue 12. doi: 10.1002/adbi.201700156) è il primo a simulare in modo fedele la vera architettura delle ossa umane.

Vediamo come è strutturato il modello.
Il punto di partenza sono osteoblasti di ratto presi dal femore.
Queste cellule sono messe in un gel ricco di fibrina. Questa cultura cellulare viene quindi posta in condizioni costanti in quanto a forza di trazione, fonte di calcio fostato e fattori osteogenetici: nel tempo, le cellule si depositano in una matrice ordinata che assomiglia molto alle ossa mature sia in composizione chimica che in struttura.
Le cellule che si vengono a formare, inoltre, sono tra loro connesse da canalicoli che restano pervi per un anno. In cultura ovviamente. Per dimostrare l’efficacia del loro modello, i ricercatori lo hanno quindi utilizzato per testare nuovi composti che vadano a influenzare il processo di ossificazione.
Qualcuno potrebbe questionare che i ricercatori sono comunque partiti da cellule di topo.
La risposta è che hanno già fatto alcune prove anche con osteoblasti primari umani. Il che suggerisce che il modello può essere adattato alle esigenze di chi lo deve poi utilizzare.

Stefania Somaré