Nuove prospettive per la cura della sclerosi multipla

Diego Centonze

Il processo infiammatorio che causa la perdita di mielina altera anche il metabolismo delle cellule nervose, portando alla loro degenerazione. Uno studio condotto dai ricercatori dell’Irccs Neuromed evidenzia lo squilibrio energetico in queste cellule e diventa un possibile punto di partenza per nuove terapie.
Una ricerca dell’Irccs Neuromed ha appena aperto una nuova strada verso terapie innovative per curare la Sclerosi Multipla, terapie che dovrebbero essere in grado di limitare l’accumularsi progressivo di danni alle strutture nervose nel corso della malattia.
Alla base della sclerosi multipla c’è infatti una reazione autoimmune che, innescando un processo infiammatorio, porta alla perdita di mielina, la sostanza che riveste le fibre nervose e che facilita la trasmissione degli impulsi: in questo contesto la ricerca evidenzia come un ruolo importante nel determinare la gravità di questa patologia viene svolto anche dalle alterazioni del metabolismo energetico dei neuroni.
Lo studio – condotto in collaborazione con l’UniversitĂ  Tor Vergata, l’UniversitĂ  Politecnica delle Marche e l’Irccs Fondazione Santa Lucia – ha messo a confronto 118 malati di sclerosi multipla recidivante-remittente con 157 persone non affette dalla patologia, ma che erano comunque state sottoposte a accertamenti neurologici per altri motivi.
I ricercatori si sono concentrati, in particolare, sul metabolismo energetico, misurato attraverso la concentrazione di lattato (lo ione dell’acido lattico) nel liquido cerebrospinale. I risultati, pubblicati sul Journal of Neuroinflammation, mostrano come nei malati di sclerosi multipla i livelli di lattato siano sensibilmente più alti. Non solo: i livelli sono direttamente correlati allo stadio di gravità della malattia. Il quadro che ne emerge, quindi, è quello di un’alterazione a livello dei mitocondri, gli organelli cellulari responsabili appunto della produzione di energia.
La ricerca, caratterizzata dall’elevato numero di pazienti coinvolti, ha quindi due ripercussioni: da una parte candida il lattato come un possibile indicatore dello stadio di gravità della sclerosi multipla, quindi un valido aiuto per i medici che pianificano le strategie terapeutiche.
Dall’altra mette in evidenza come nella sclerosi multipla coesistano due meccanismi. L’infiammazione autoimmune sarebbe il primo passo della patologia, ma a questa seguirebbe una disfunzione mitocondriale che, portando a una neuro-degenerazione irreparabile, causerebbe un accumulo progressivo di danni al sistema nervoso.
«Il nostro studio rafforza l’ipotesi che, nella sclerosi multipla, alla perdita di mielina causata dal processo infiammatorio si affianchi anche una disfunzione a carico dei mitocondri neuronali. Questa alterazione nel metabolismo energetico porterebbe alla morte cellulare, contribuendo in modo significativo alla gravità della patologia», spiega il professor Diego Centonze, responsabile dell’Unità operativa di Neurologia I e dell’Unità di neuroriabilitazione dell’IRCCS Neuromed e uno dei ricercatori che hanno condotto la ricerca: «Le prospettive che si aprono sono molto interessanti. Le disfunzioni mitocondriali potrebbero rappresentare un valido punto di attacco per nuove terapie, capaci di limitare la progressione della disabilità nei pazienti».

Bookamark
– Journal of Neuroinflammation 2016
– Maria Albanese, Sara Zagaglia, Doriana Landi, Laura Boffa, Carolina G. Nicoletti, Maria Grazia Marciani, Georgia Mandolesi, Girolama A. Marfia, Fabio Buttari, Francesco Mori and Diego Centonze – Cerebrospinal fluid lactate is associated with multiple sclerosis disease progression: http://jneuroinflammation.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12974-016-0502-1

Lorenzo Di Palma