Sinergie positive fra Centro Grandi Ustionati e Banca della Cute di Torino

L’entrata in attività della nuova sede della Banca della Cute è l’occasione per approfondire le relazioni con il Centro Grandi Ustionati e le potenzialità offerte dalla produzione di nuovi farmaci destinati agli ospedali di tutta Italia.
Situata presso il presidio Centro Traumatologico Ortopedico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, la Banca della Cute è una struttura semplice del reparto Grandi Ustioni, nonché Centro di Riferimento Regionale per la conservazione della cute.
Fondata per rispondere alle richieste del Centro Grandi Ustionati del CTO, dal 2005 la banca:
– è autorizzata al prelievo, alla lavorazione, alla conservazione e alla distribuzione di cute alloplastica (circa 700.000 cm2 di cute negli ultimi 5 anni, impiegati in 794 trapianti) prelevata da donatore multitessuto e multiorgano;
– svolge attività di ricerca e sviluppo in un settore in rapida evoluzione, nel quale sono attive solo altre quattro strutture pubbliche in Italia.
Entrata in funzione nel giugno 2016 all’interno di ambienti appositamente progettati e qualificati nel rispetto delle procedure GMP, la nuova sede ha lo scopo di allineare la struttura ai requisiti normativi europei più recenti, di permettere lo sviluppo dell’attività e di favorire la ricerca e lo sviluppo di nuove linee di produzione di farmaci innovativi.

Aspetti clinici generali
Il dott. Maurizio Stella è Direttore del Centro Grandi Ustionati del CTO: «Nella Regione Piemonte il centro è l’unico attrezzato per la cura dei pazienti con gravi lesioni cutanee. Si tratta di una struttura nella quale alle cure intensive e sub-intensive si affiancano attività e trattamenti specifici mirati alla ricostruzione della cute, di tipo eminentemente chirurgico».
Quali relazioni intercorrono fra il Centro Grandi Ustionati e la Banca della Cute?
«In generale la principale esigenza del centro consiste nella disponibilità di tessuto cutaneo proveniente da donazione, da trapiantare chirurgicamente per sostituire la cute danneggiata del paziente che, spesso, non ne dispone a sufficienza per l’auto-donazione.
Purtroppo, anche nelle migliori condizioni di compatibilità del donatore, l’intrinseca ed eccezionale intensità del rigetto da parte della cute comporta la temporaneità del trapianto. Ciò nonostante la copertura con cute donata svolge una fondamentale funzione salva-vita, in attesa di poter sfruttare al meglio la superficie cutanea del paziente stesso mediante trapianto autologo.
Di conseguenza la Banca della Cute offre un supporto indispensabile al Centro Grandi Ustionati. L’auspicio è che la nuova e avanzatissima sede della banca consenta alla struttura di raggiungere presto i traguardi previsti, principalmente a vantaggio dei pazienti».

Il futuro è già presente
La dott.ssa Carlotta Castagnoli è Responsabile della Banca delle Cute del CTO: «La struttura è entrata in attività nel 1999 e, in origine, era costituita da un locale sterile, non controllato in continuo, ampio circa 60 m2 e situato nel basamento del CTO. In totale sinergia con il Centro Regionale Trapianti del Piemonte e della Valle d’Aosta, la banca ha gestito ogni anno una cinquantina di donazioni di tipo multitessuto e/o multiorgano, occupandosi di tutte le attività – dal prelievo al trattamento, alla conservazione e alla distribuzione dei tessuti.
Con l’entrata in funzione della nuova sede, realizzata ad hoc ed entrata in funzionante nel maggio 2016, la Banca della Cute ha rinnovato profondamente la propria funzione e la sua organizzazione interna. Obiettivo principale dell’intervento era infatti la trasformazione in una vera e propria “officina” per la produzione di tessuti e cellule del derivanti dal tegumento utile per l’attività del Centro Grandi Ustionati e non solo, secondo processi certificati dal Centro Nazionale Trapianti».
Quali sono e quali saranno i prevedibili sviluppi dell’attività?
«Innanzitutto è opportuno sottolineare che la cute alloplastica è un materiale di copertura temporanea idoneo anche all’utilizzo in pazienti portatori di lesioni profonde di natura traumatica e con importante perdita di sostanza (scuoiamenti, ulcere croniche, come anche di danni causati da patologie croniche (diabete, ipertensione, vasculopatie) e acute (fratture scheletriche, lesioni midollari) diverse dalle ustioni.
Oltre al tessuto cutaneo crioconservato e glicerolato – i prodotti d’elezione della banca – la nuova struttura permette la produzione di nuovi prodotti, fra cui:
– il derma da donatore, per il quale abbiamo completato la validazione del processo di produzione e disponiamo già dell’autorizzazione da parte del Comitato bioetico, destinato alla ricostruzione post-chirurgica (ad esempio nei casi di mastectomia e di laparocele);
– il tessuto adiposo autologo, del quale attualmente non esistono banche in Italia, che abbiamo iniziato a crioconservare e distribuire.
Parallelamente, previa autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, i laboratori potranno operare anche come una vera e propria “tissue and cell-factory” e, se i risultati della fase preclinica saranno positivi, prevediamo la possibilità di costruire un nuovo bio-sostituto cutaneo composto da derma da donatore e cellule autologhe.
Grazie a un concept clinico e ingegneristico estremamente evoluto, curato dallo Studio Solmona & Vitali, e a tecnologie estremamente avanzate per il nostro paese, la Banca della Cute rappresenta un esempio di struttura sanitaria pubblica all’avanguardia in un settore della medicina estremamente innovativo, al servizio non solo del CTO e dell’azienda ospedaliero-universitaria, ma anche di altri centri di cura.
Le procedure che abbiamo previsto sia per la validazione e la qualificazione degli ambienti, degli impianti e delle apparecchiature, sia per la ri-qualificazione periodica dell’intera struttura, come anche il software gestionale che stiamo mettendo internamente finalizzato alla tracciabilità dei prodotti, sono ulteriori esempi dell’impegno profuso nell’intero progetto dall’équipe interna, in stretta collaborazione con le aziende e i tecnici coinvolti».

Ingegneria tecnica e clinica
Dirigente della Struttura complessa ICT e Ingegneria clinica, l’ing. Alessio Rebola è Responsabile Unico del Procedimento per la Banca della Cute: «In questo tipo di progetti la figura del RUP è centrale per integrare le diverse competenze richieste per realizzare la struttura in conformità ai requisiti GMP, che comprendono biologi/biotecnologi, medici, ingegneri impiantisti, tecnologi di processo in ambito farmaceutico e autorità regolatorie.
In pratica il RUP svolge un ruolo di vero e proprio project manager, la cui importanza crescerà ulteriormente nei prossimi anni di pari passo con la penetrazione di queste tecniche in campo clinico, con ulteriori sviluppi non ancora del tutto preventivabili ad esempio per i medicinali biologici di terapia genica e di terapia cellulare somatica, i prodotti di ingegneria tissutale e contenenti dispositivi (combinati), i dispositivi medici borderline, ecc..
La gestione della realizzazione di un’opera così complessa ha richiesto competenze particolari nel campo dell’ingegneria civile e impiantistica, nonché un elevato livello di conoscenza degli aspetti tecnologici relativi alle apparecchiature e alle attrezzature impiegate nei laboratori, che devono permettere lo svolgimento di un processo di manipolazione molto complesso in assoluta sicurezza.
Un aspetto particolarmente significativo è perciò consistito nella duplice funzione del RUP, come responsabile sia del servizio tecnico, sia dell’ingegneria clinica – fatto che ha facilitato un approccio integrato a 360 gradi rispetto alle sfide imposte dalla complessità dell’opera.
Altro fattore fondamentale è stata l’individuazione, dall’inizio dell’iter progettuale, di partner competenti per tutte le varie fasi di realizzazione dell’opera, nel rispetto delle regole tecniche e delle procedure amministrative. Questi progetti necessitano infatti di un iter breve poiché, se non sono realizzati rapidamente, rischiano di diventare obsoleti per effetto dell’evoluzione tecnica e normativa, che costringe il committente a costose varianti in corso d’opera di difficile gestione in un appalto pubblico a causa della ristrettezza dei finanziamenti e dei vincoli di programmazione».

Giuseppe La Franca