Sorveglianza sanitaria: serve più competenza

Una delle osservazioni più interessanti emerse dalle prime stime della ricerca Cergas – Centro di Ricerche sulla Gestione dell’assistenza sanitaria sociale dell’Università Bocconi – dedicata alle inidoneità del personale sanitario e conseguenti limitazioni, la cui presentazione è prevista per l’autunno,  è che, sebbene ogni azienda sanitaria abbia generalmente dei protocolli decisi ad alti livelli per la sorveglianza sanitaria del proprio personale, spesso tali protocolli non vengono condivisi dai medici competenti, soprattutto quando l’azienda è grande e multipresidio. Ciò determina un po’ di confusione e trattamenti differenziati. Serve maggiore uniformità. Spesso, poi, manca una rete di specialisti che collaborino con il medico competente nella diagnosi delle malattie professionali. Un problema che sottolinea anche Micheloni: «non è raro che in sede di visita del lavoro un dipendente dell’azienda si presenti con una prescrizione di inidoneità redatta da uno specialista esterno alla nostra azienda e che quindi non conosce le reali condizioni di lavoro dell’operatore. Ciò può generare incomprensioni e inutili conflittualità. Le limitazioni vanno quindi calate nello specifico contesto lavorativo in cui si svolgono i compiti lavorativi, perché la presenza o meno di alcune accortezze in reparto può fare la differenza». Il problema è particolarmente accentuato quando la limitazione è connessa a un problema di tipo psicologico: il lavoratore che sta vivendo un periodo di disagio psicologico, correlato al lavoro o no, e che magari è chiamato a svolgere turni aggiuntivi per carenza di personale, può infatti tendere a vedere la realtà attraverso dei filtri che la distorcono. «È capitato di valutare personale che riferiva disagio nel compiere la turnazione notturna, per poi verificare che nell’ultimo anno aveva svolto uno o pochi turni di notte», racconta Micheloni. «È chiaro che la buona fede qui non c’entra, ma va considerato che in certe situazioni la realtà raccontata è diversa da quella accaduta. Inoltre, ogni azienda deve avere medici competenti ben formati e con esperienza specifica nel settore sanitario, capaci di gestire con professionalità la sorveglianza sanitaria ed eventuali limitazioni lavorative».

Sono punti importanti, questi, perché è proprio qui che si annida il rischio di abusivismo. Ricorda Parrotto: «tenendo presente quanto detto sulla complessità dei rischi presenti nella struttura ospedaliera e ai trend anagrafici rappresentati è evidente che la gestione delle idoneità è un fenomeno complesso. Voglio però pensare positivo, perciò più che di abusivismo parlerei di possibile correlazione tra inefficienza delle organizzazioni e percentuali di inidoneità. In particolare, il cruscotto di comando e controllo dei manager ospedalieri deve contemplare il monitoraggio degli indicatori di sicurezza e salute dei lavoratori nella consapevolezza che l’investimento in prevenzione e promozione della salute è uno dei più remunerativi in termini di ritorno economico e di qualità del lavoro. Queste due valutazioni possono tradursi operativamente in tre azioni: collocare in staff alle strutture di governance le funzioni preposte alla prevenzione, in primis la medicina del lavoro, per fornire un supporto alla gestione e alle politiche di indirizzo; favorire l’integrazione dei professionisti della prevenzione con le funzioni di line attraverso la creazione di team building, come quelli descritti nella nostra organizzazione, per permettere di incidere sui processi operativi e decisionali; l’ultima riguarda la relativa alla comunicazione diretta e trasparente con le persone. Nel contesto aziendale comunicare in maniera chiara, cercare di anticipare i problemi e proporre azioni concrete di miglioramento del clima interno costituiscono elementi che, al di là delle oggettive condizioni di salute, contribuiscono a quel benessere organizzativo a cui tutte le aziende, in particolare quelle sanitarie, dovrebbero tendere».