Spending review. Le dure prove di Assobiomedica

Stefano Rimondi

Le recenti manovre varate dal Governo avranno un impatto negativo sulla sanità pubblica e sulle aziende del settore biomedicale, oltre che su occupazione ed Ecm. Lo sostiene Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica, che spiega le ragioni del suo dissenso ma anche come e perché il settore potrebbe contribuire allo sviluppo economico dell’Italia

La spending review, il decreto Balduzzi e la legge di stabilità, misure varate di recente dal Governo Monti non sono piaciute a molti italiani. Non solo perché si tratta di norme che chiedono per l’ennesima volta ai cittadini di pagare disavanzi e debiti accumulati negli anni dai governi precedenti, ma anche perché non sembrano orientate allo sviluppo dell’economia, dei settori strategici, quelli sui quali l’Italia ha già i numeri per concorrere a livello europeo e non solo. Critiche su cui si può discutere ma che appaiono fondate se si guarda al comparto biomedicale, uno dei più evoluti in assoluto, come spiega Stefano Rimondi, da giugno 2011 presidente di Assobiomedica.

A poco più di un anno dalla sua nomina le chiediamo un primo bilancio, anche personale.

Sono soddisfatto di rappresentare un settore in cui credo e a cui ho dedicato la mia vita professionale. Certo, è stato un anno duro. Le aziende del settore sono state messe a dura prova. Prima con i ritardi nei pagamenti che continuano a essere cronici e che, uniti alla crisi economica, hanno aggravato le condizioni di liquidità delle imprese. Poi il terremoto in Emilia, che ha colpito il distretto biomedicale di Mirandola, il più grande d’Europa, mettendo in difficoltà un centinaio di nostre aziende, bloccando temporaneamente la produzione di dispositivi medici. Grazie a un’intensa e proficua collaborazione tra imprese, ministero e società scientifiche siamo riusciti comunque a garantire la continuità nelle forniture soprattutto per i pazienti dializzati. Senza poi considerare la batosta subita con la spending review 1 e 2 prima e il decreto Balduzzi e la legge di stabilità poi.

Sono diverse le misure in materia sanitaria varate dal Governo che non hanno convinto Assobiomedica, a partire dai tagli lineari al blocco dei pignoramenti. È così?

Le scelte di politica sanitaria definite con le recenti manovre contribuiscono a demolire il Servizio sanitario nazionale e la qualità dei servizi ai cittadini. Così facendo, anziché combattere inefficienze e sprechi si azzera l’universalità del servizio pubblico. Questo sistema colpisce duramente anche il settore dei dispositivi medici e quindi l’innovazione, la qualità, la tutela della salute del cittadino e, non ultimo, un settore industriale che in tutto il mondo sviluppato è considerato importante fattore di crescita economica. Ci aspetta un futuro di crisi aziendali che avranno inevitabili ripercussioni sull’occupazione e sulla permanenza dei siti produttivi in Italia. L’insieme delle manovre lascia irrisolti i veri problemi di trasparenza, appropriatezza organizzativa e clinica, nonché di autentica razionalizzazione della spesa. Anche il ricorrente problema delle presunte differenze di prezzo tra i vari dispositivi medici non ha trovato risposte adeguate, nonostante l’insistenza di Assobiomedica nel proporre soluzioni che portassero alla trasparenza e alla responsabilizzazione di chi acquista. La proroga di un anno del blocco dei pignoramenti per le Regioni sotto piano di rientro, poi, rappresenta il reiterarsi di un atteggiamento vergognoso verso le imprese. Assobiomedica da oltre due anni denuncia l’incostituzionalità di questa misura e ha già inoltrato un esposto alla Commissione Europea per chiedere i necessari interventi.

In compenso, Assobiomedica ha espresso un giudizio positivo sul Programma nazionale di valutazione esiti (Pne) presentato da Ministero della Salute e Agenas. Perché?

Il Pne è un ottimo punto di partenza per analizzare lo stato del Servizio sanitario nazionale, ma deve essere un punto di partenza anche per migliorare i servizi e non restare solo una fotografia dello stato degli ospedali italiani. La politica sanitaria che si sta delineando con tagli alle risorse finanziarie e umane non può invece che condurre a difficoltà crescenti per i cittadini nell’accesso alle prestazioni, nella riduzione di fatto dei Lea, nello scadimento qualitativo delle indagini cliniche e delle cure.

Quali sono dunque le prospettive per il Ssn e per il settore biomedicale da qui al 2015?

Saranno i cittadini a fare le spese prima di tutti per questi tagli, trovandosi in un sistema sanitario a doppio regime: quello pubblico impoverito – con dispositivi medici acquistati al prezzo più basso, quindi di mediocre qualità e di tecnologia obsoleta – e quello privato non convenzionato, efficiente e tecnologicamente avanzato, al quale però potranno accedere solo cittadini abbienti. Per il biomedicale la prospettiva che ci attende da qui a fine 2015 è un calo occupazionale già stimato al 13% a causa dei provvedimenti in essere, ma destinato a peggiorare drammaticamente se le misure ventilate dovessero tradursi in legge. Ciò significa la cancellazione di oltre 10mila posti di lavoro e la definitiva cancellazione di tutti gli investimenti in ricerca.

E quelli per la formazione medica, invece?

Il futuro della formazione medica è incerto. L’Assemblea straordinaria di Assobiomedica riunitasi a Milano ha deciso di sospendere il sostegno agli eventi Ecm. Lo Stato impone per legge l’aggiornamento continuo degli operatori sanitari, ma non lo finanzia. Lo fa da sempre l’industria, ma a fronte dei tagli previsti è un investimento non più sostenibile; d’altronde, evidentemente l’aggiornamento dei professionisti sanitari non è una priorità per il Governo. Le imprese sono fermamente intenzionate a stare al fianco di medici e operatori sanitari per garantire un’informazione di qualità, ma se si continua a tagliare dove è più facile e immediato anziché porre mano a riorganizzazioni strutturali e alla definizione di politiche industriali, questo rimarrà un proposito.

Perché, pur essendo unanimemente condivisa l’idea che la spesa sanitaria sia anche un investimento per il futuro del Paese, nella pratica nessun governo si è ancora mostrato sensibile a questa opportunità? Non c’è una responsabilità anche da parte delle aziende?

Non credo che l’industria abbia responsabilità in questo senso, dato che da anni Assobiomedica mette in guardia sul rischio di compromettere il futuro di una delle rare attività innovative e ad alta tecnologia del panorama industriale italiano. Le politiche sanitarie adottate negli ultimi tempi invece sottovalutano questo settore e lo considerano solo un costo da tagliare. Per capire questo basterebbe verificare quante risorse l’Italia investe in sanità rispetto ai principali Paesi europei, valutando l’incidenza delle entrate totali italiane sul Pil in rapporto a Germania, Francia, Spagna e Regno Unito e verificandone la destinazione alla voce sanità. Ebbene, l’Italia è seconda per gettito fiscale e contributivo dopo la Francia, ma addirittura ultima per gli impieghi in sanità di quelle risorse. L’investimento in sanità dovrebbe essere quindi un obiettivo prioritario. Pensare invece che la salute pubblica possa essere tutelata tagliando la spesa è un errore grave. È vero che la buona sanità costa, ma si dimentica la realtà: la spesa per la sanità è un investimento, le risorse vanno reperite all’interno del servizio eliminando le inefficienze grazie all’appropriatezza clinica e organizzativa, separando la gestione dalla cattiva politica, recuperando le dispersioni di danaro causate dalla diffusa illegalità.

In questo scenario complessivamente negativo c’è un elemento positivo su cui governo e aziende del settore dovrebbero lavorare insieme? E in che modo e con quale finalità?

Come ho detto, saremmo felici di collaborare con il Governo nella definizione di strategie per lo sviluppo del Paese che coinvolgano il nostro settore. Soprattutto perché potremmo contribuire in modo attivo e propositivo a rimettere in moto l’economia investendo in ricerca e assumendo ingegneri biomedici, soprattutto neolaureati, da sempre fiore all’occhiello del nostro settore.

Pierluigi Altea