Adenocarcinoma duttale trattato con dispositivo impiantabile

L’adenocarcinoma duttale è la forma di tumore pancreatico più diffusa ed è estremamente aggressivo, quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale. Avendo sintomi iniziali aspecifici, spesso viene diagnosticato in fase già avanzata. Colpisce soprattutto uomini over 60, anche se le donne stanno riducendo la distanza.

Si tratta del tumore a minore sopravvivenza, sia a 1 sia a 5 anni dalla diagnosi, rispettivamente intorno al 35% e all’11,5%, e i trattamenti utilizzati sono spesso inefficaci.

Sta emergendo un nuovo immunoterapico, un agonista del recettore CD40. Per favorire l’accesso dell’antitumorale alle cellule target, un team di Houston ha ideato nanofluidic drug-eluting seed, un dispositivo impiantabile a lento rilascio, delle dimensioni di chicco di riso.

Fondamentale per il funzionamento del dispositivo è che sia impiantato direttamente nel tumore, dove viene rilasciato il farmaco attraverso una membrana siliconica nanofluidica con sette microcanali circolari. Testato su topi, si è dimostrato efficace.
Per tracciare il percorso del farmaco, gli autori vi hanno unito un marchio fluorescente.

Nello studio, sono stati inseriti topi di controllo, che hanno ricevuto l’immunoterapico per via intraperitoneale.

Nel quattordici giorni successivi, i topi dei due gruppi sono stati tenuti sotto osservazione: i ricercatori hanno così verificato che il dispositivo impiantabile consente un rilascio di farmaco in dosi minime per tutto il periodo, mentre l’iniezione porta a un trattamento in unica dose in un solo giorno.
Questa differenza ha conseguenze dirette sul tumore? Secondo lo studio, i topi trattati con l’impianto hanno ottenuto una riduzione della massa tumorale maggiore dei topi di controllo.

A onor del vero, gli esiti a novanta giorni sono stati disomogenei in entrambi i gruppi, ma il sistema favorisce la penetrazione del farmaco nello stroma tumorale, noto per essere denso e contrastare l’azione degli anticorpi monoclonali.
C’è un ulteriore vantaggio nell’uso del dispositivo impiantabile: rilasciando microdosi di farmaco al giorno, si riduce la tossicità legata al trattamento.
Infine, venendo condotto direttamente al tumore, c’è meno dispersione, il che significa che si possono utilizzare dosi minori fin dall’inizio del trattamento.

Alessandro Grattoni, uno degli sviluppatori del sistema, sottolinea: «il nostro obiettivo è trasformare il modo in cui si cura il cancro. Questo dispositivo permette di penetrare il tumore pancreativo in modo efficace e mininvasivo consentendo di focalizzarsi sulla terapia e usando meno farmaco».

Uno dei risultati più interessanti dello studio riguarda la capacità del farmaco rilasciato dal dispositivo di colpire anche altri tumori oltre a quello sul quale è rilasciato.

È capitato, infatti, che in topi con più tumori al pancreas, l’anticorpo monoclonale sia risultato efficace sia sul tumore con l’impianto sia su un altro in altra sede.
Per ora si è in una fase di laboratorio, preclinica, ma i risultati ottenuti sono decisamente promettenti. Il team di ricerca afferisce allo Houston Methodist Hospital e allo Houston Methodist Research Institute. Ha collaborato anche il Texas A&M University College of Medicine.

(Lo studio: Liu HC, Davila Gonzalez D, Viswanath DI, Vander Pol RS, Saunders SZ, Di Trani N, Xu Y, Zheng J, Chen SH, Chua CYX, Grattoni A. Sustained Intratumoral Administration of Agonist CD40 Antibody Overcomes Immunosuppressive Tumor Microenvironment in Pancreatic Cancer. Adv Sci (Weinh). 2023 Mar;10(9):e2206873. doi: 10.1002/advs.202206873. Epub 2023 Jan 19. PMID: 36658712; PMCID: PMC10037694)