La radioterapia è superiore alla sola chemioterapia nel regime di condizionamento di preparazione al trapianto di midollo osseo nei bambini con leucemia linfoblastica acuta.
Lo dimostra uno studio internazionale condotto in 17 Paesi dei 5 continenti, per il quale è stato fondamentale il contributo dei centri trapianto pediatrici affiliati ad AIEOP, l’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica, tra i 75 che vi hanno partecipato.

I risultati sono stati presentati al congresso della European Hematology Association, svoltosi in giugno in modalità digitale, al quale si sono collegati ricercatori da ogni parte del mondo per condividere i più avanzati successi della ricerca nel campo delle malattie ematologiche.

La sessione “Presidential”, che raccoglie le cinque relazioni più prestigiose del congresso, ha visto la presentazione dei risultati dello studio FORUM da parte della prof.ssa Christina Peters del Children’s Cancer Research Institute di Vienna.

«Lo studio è stato denominato FORUM, come acronimo di For Omitting Radiation Under Majority Age, poiché è stato condotto per valutare se la radioterapia potesse essere evitata nei pazienti pediatrici con leucemia linfoblastica acuta e che necessitano di trapianto», afferma il prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia Pediatrica e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, vice-coordinatore internazionale dello studio e coordinatore dello studio per l’Italia.

La leucemia linfoblastica acuta è il tumore più frequente dell’età pediatrica e colpisce circa 380 bambini e adolescenti l’anno in Italia.
Sono passati 50 anni dai primi studi che avevano dimostrato che la leucemia pediatrica era una malattia curabile.
Con gli attuali protocolli di terapia, oltre l’85% dei soggetti che si ammalano sono vivi e in remissione di malattia a 5 anni dalla diagnosi.
Tale risultato si ottiene generalmente con i protocolli chemioterapici di trattamento, ma vi è una quota di bambini e adolescenti che presentano caratteristiche di “alto rischio” di recidiva e che rispondono in modo non ottimale alla terapia, per i quali il trapianto di midollo osseo rappresenta la terapia di scelta.

Il trapianto consiste nell’infusione di cellule staminali, generalmente midollari, prelevate da un donatore.
Perché il trapianto possa avere successo occorre sottoporre il ricevente al regime di condizionamento, che ha anche lo scopo, tra altri, di eradicare i residui di malattia leucemica.

Il regime di condizionamento storicamente adottato nel trapianto di leucemia linfoblastica acuta include la radioterapia corporea totale.
In considerazione delle complicanze acute e tardive a essa associate, i ricercatori hanno avviato uno studio per indagare se un condizionamento costituito solo da chemioterapia potesse dare risultati analoghi al condizionamento con radioterapia tradizionalmente usato.

«Dal 2013 al 2018, 413 pazienti pediatrici tra 4 e 21 anni d’età sono stati randomizzati, cioè assegnati al condizionamento con radioterapia corporea totale (202 pazienti) o con sola chemioterapia, in particolare con busulfano-fludarabina-thiotepa (99 pazienti) o treosulfano-fludarabina-thiotepa (93 pazienti)», riferisce il prof. Locatelli.

«La sopravvivenza del 91% a 2 anni dal trapianto del braccio con radioterapia è risultata statisticamente superiore a quella del 75% ottenuta dai pazienti assegnati al condizionamento con chemioterapia», prosegue la prof.ssa Adriana Balduzzi, che ha contribuito alla stesura del protocollo ed è membro del Consiglio Direttivo di AIEOP. «In particolare, la probabilità di recidiva, con il condizionamento basato su radioterapia è stata del 12%, cioè significativamente inferiore rispetto al 30% ottenuto con il condizionamento esclusivamente chemioterapico», prosegue la prof.ssa Balduzzi.

«I pazienti sottoposti a trapianto continueranno le visite di follow-up per l’attenta sorveglianza di eventuali sequele a lungo termine del trattamento ricevuto», afferma il dott. Marco Zecca, direttore di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e presidente di AIEOP. «Talvolta gli effetti tossici possono impattare sulla qualità di vita anche a distanza dal trapianto».

I vantaggi e i limiti della radioterapia nel condizionamento pre-trapianto, infatti, dovranno essere riconfermati con il monitoraggio delle eventuali complicanze a carico dei vari organi e apparati.
In altre parole, la maggiore efficacia della radioterapia dovrà essere valutata su un tempo più lungo, anche alla luce delle complicanze sviluppate a distanza.