Antibiotici, tool diagnostico per appropriatezza prescrittiva

Si stima che nei Paesi in via di sviluppo tra il 70% e l’80% delle prescrizioni di antibiotici siano fatte per infezioni virali. Nei Paesi avanzati, d’altronde, non va molto meglio: negli Usa quel tasso è del 30-50%. Tutto ciò non solo non aiuta il paziente a guarire, ma amplifica anche il fenomeno dell’antibiotico resistenza.

Un nuovo tool diagnostico, sviluppato da ricercatori della Stanford Medicine, potrebbe aiutare i medici a stabilire se il paziente è affetto da una patologia batterica o virale, migliorando l’appropriatezza prescrittiva degli antibiotici.
Dotato di una sensibilità del 90% e di una specificità dell’80%, il test si basa su 8 firme genetiche connesse al modo in cui il sistema immunitario dell’ospite risponde all’infezione in corso.
Il meccanismo d’azione del sistema immunitario è infatti differente in presenza di un patogeno batterico o virale.

I ricercatori hanno individuato queste 8 firme genetiche analizzando 4.200 campioni provenienti da pazienti di 20 Paesi e prendendo in considerazione 69 dataset di trascrittomi del sangue. Il test è stato infine validato su coorti prospettiche di pazienti nepalesi e laotiani.
A oggi, questo è l’unico test a essere stato validato in varie popolazioni e a rispondere a un ampio spettro di infezioni batteriche ed è, inoltre, il solo a rispettare i target di accuratezza richiesti dall’Oms e dal Foundation for Innovative New Diagnostics.
I test preesistenti sono stati sviluppati utilizzando in prevalenza dati nordamericani, quindi non sono utilizzabili nei Paesi in via di sviluppo.

Non solo. Il test riconosce sia infezioni batteriche extracellulari, per le quali esistono già test diagnostici abbastanza validi, sia infezioni intracellulari, più difficili da individuare.

Spiega Purvesh Khatri, PhD, dicente di Medicina e Biomedical Data Science presso la Stanford Medicine: «dal punto di vista epidemiologico, nei Paesi in via di sviluppo le infezioni batteriche sono per lo più extracellulari», date da E. coli, per esempio, altre malattie, come tifo e tubercolosi, sono invece causate da batteri intracellulari, che possono essere confusi con i virus. Ecco perché valutare come reagisce il sistema immunitario può aiutare di discriminare tra le due tipologie.

Al momento il test diagnostico richiede 30-45 minuti per dare una risposta, e deve essere condotto in un laboratorio di analisi.
Dal punto di vista pratico, quindi, il medico potrebbe iniziare con una terapia antibiotica empirica, richiedere il test e, quindi, se l’esito indica infezione virale, sospendere l’antibiotico.

Il prof. Khatri spera di riuscire a tradurre il test in un tool diagnostico da utilizzare direttamente al letto del paziente, per velocizzare ulteriormente il processo. Al momento il team ha fatto rischiesta di brevetto.
Accanto ai ricercatori della Stanford Medicine hanno lavorato anche colleghi laotiani del Mahosot Hospital e dell’University of Health Sciences, nepalesi del Dhulikhel Hospital, l’Università di Oxford e di Toronto.

(Lo studio: Rao AM, Popper SJ, Gupta S, Davong V, Vaidya K, Chanthongthip A, Dittrich S, Robinson MT, Vongsouvath M, Mayxay M, Nawtaisong P, Karmacharya B, Thair SA, Bogoch I, Sweeney TE, Newton PN, Andrews JR, Relman DA, Khatri P. A robust host-response-based signature distinguishes bacterial and viral infections across diverse global populations. Cell Rep Med. 2022 Dec 20;3(12):100842. doi: 10.1016/j.xcrm.2022.100842. PMID: 36543117; PMCID: PMC9797950)

Stefania Somaré