Confindustria Dispositivi Medici, payback mette a rischio la sanità pubblica

Massimiliano Boggetti, presidente Confindustria Dispositivi Medici

Sono già 100 i ricorsi presentati ai TAR dalle aziende dei dispositivi medici sull’attuazione del payback, il sistema di tassazione che obbliga le imprese a un esborso di oltre 2 miliardi per ripianare lo sforamento dei tetti di spesa da parte delle Regioni.

In questi giorni stanno arrivando le lettere delle Regioni con richiesta di pagamento del payback per il periodo 2015-2018 e sono da evadere entro 30 giorni.
Le imprese sono già in difficoltà per la crisi energetica e delle materie prime, questa istanza le espone al rischio chiusura, oltre a comportare un grosso pericolo per la salute pubblica poiché le imprese potrebbero non riuscire a garantire le forniture di prodotti, anche salvavita, a ospedali e servizi correlati.

«Se il Governo non cancella il payback», dichiara Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, «deve ammettere di non essere in grado di erogare salute pubblica.
Se non viene fatta una seria programmazione sanitaria e si continuano a bandire gare la cui somma dei valori aggiudicati supera il fondo sanitario regionale a disposizione, le Regioni proseguiranno a sforare i tetti di spesa tutti gli anni.
Il payback con i tetti di spesa imposti è un modo per spostare sulle aziende fornitrici una parte dei costi sanitari che il SSN dovrebbe erogare per curare i cittadini ma che lo Stato non vuole pagare.
Le imprese dei dispositivi medici non possono risanare i debiti delle Regioni e gli sforamenti di spesa.
È inaccettabile che il Governo non capisca l’impatto di un tale sistema sull’industria della salute e non comprenda le dinamiche e le conseguenze di questo provvedimento.
Siamo un comparto strategico per il Paese che ha la responsabilità legale di produrre e fornire salute attraverso le gare pubbliche di acquisto e che rischia di fermarsi e chiudere».

I ricorsi delle aziende riguardano in particolare l’art. 18 del decreto legge Aiuti bis e il decreto del Ministero della Salute che detta linee guida di attuazione del payback. Il provvedimento presenta una serie di elementi che lo rendono inapplicabile, incostituzionale e ingiusto.

«I ricorsi avviati», prosegue Boggetti, «contestano l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge, la non conformità con il diritto eurounitario e la violazione di norme di legge preesistenti.

Le imprese che forniscono in virtù di una gara vinta non hanno evidenza se il tetto regionale verrà sforato, né sono in grado di ipotizzare se e quanto saranno chiamate a restituire. Questa incertezza, al di là dell’evidente ingiustizia del meccanismo, è quanto di più pericoloso possa esistere per un’impresa.

Tale sistema inoltre non è compatibile con i principi contabili costituzionali che prevedono che i bilanci dello Stato siano prudenti, veritieri, realistici e fondati sull’attendibilità delle previsioni passate.
Infatti, definendo i tetti di spesa regionali in maniera retroattiva non si tiene conto della mancata, ma necessaria, conoscenza da parte delle imprese di quale sia più o meno il budget di spesa a loro disposizione. Senza considerare che su quei bilanci le imprese hanno pagato le tasse, che non verranno mai restituite».