Dal congresso SOI il punto su lesioni dell’occhio e tumori oculari

In occasione del 101° Congresso nazionale della Società italiana di Oftalmologia, tenutosi a Roma dal 16 al 19 novembre scorsi, tanti sono stati i temi affrontati relativi alle patologie oculari, con focus specifici sull’età pediatrica, l’età geriatrica, la gestione concomitante di diverse patologie.
All’interno di questa quattro giorni dedicata al confronto e allo scambio di esperienze tra professionisti dell’oculistica, una specifica sessione ha affrontato il delicato tema delle lesioni oculari, con un focus sul melanoma della congiuntiva e della coroide. Diagnosi e trattamento.

All’interno di un vasto programma di lavori nell’ambito del 101° Congresso Nazionale della Società Italiana di Oftalmologia, SOI, tenutosi a Roma dal 16 al 19 novembre scorsi, una specifica sessione è stata dedicata alle lesioni oculari, con particolare attenzione ai melanomi della congiuntiva e della coroide: diagnosi e trattamento.

Lesioni benigne e maligne

Esistono diverse classificazioni dei tumori dell’occhio, in base al loro carattere benigno o maligno. Tra i tumori benigni il più diffuso è il nevo, mentre tra i maligni prevalente il melanoma.
Le lesioni dell’occhio si dividono inoltre in due macrocategorie: pigmentate e non pigmentate.
Tra le lesioni pigmentate il nevo congiuntivale è in assoluto il più frequente, interessa in genere un solo occhio e si caratterizza per stabilità. Altre lesioni pigmentate sono la melanosi razziale, benigna, inter-palpebrale interna, simmetrica sui due occhi ma prevalente nella popolazione africana (95%) e molto più rara in quella caucasica (5%).

Quindi la melanosi oculo-dermica, lesione congenita che merita un accurato monitoraggio per la possibilità di evolvere in melanoma uveale o della congiuntiva.
Quindi la PAM – melanosi primaria acquisita. Si tratta di una lesione piatta, che si sviluppa quasi sempre su un solo occhio, colpendo in prevalenza pazienti di media età. Essa può aumentare di dimensioni o modificare la propria pigmentazione nel tempo, ma, soprattutto, può trasformarsi in melanoma congiuntivale, un evento che si verifica nel 50% dei casi di PAM che presentano atipie cellulari all’esame istologico. In lesioni con un aspetto morfologico benigno è sufficiente un’attività di monitoraggio costante nel tempo.

Nelle lesioni dubbie di piccole dimensioni, è generalmente consigliata l’asportazione chirurgica seguita da istologia, mentre in lesioni di dimensioni più grandi è preferibile eseguire biopsie multiple di aree con diversa morfologia.

Il melanoma della congiuntiva

I tumori maligni congiuntivali sono rappresentati da: carcinomi a cellule squamose e sebacee, melanoma, tumori linfoidi e sarcoma di Kaposi. Il melanoma congiuntivale è estremamente raro, origina dai melanociti della lamina basale dell’epitelio congiuntivale e rappresenta il 2-7% dei melanomi oculari con un’incidenza che oscilla tra 0,2 e 0,8 casi per milione nella popolazione caucasica.

A livello di patogenesi, il melanoma congiuntivale si ritiene sia frutto nel 74% dei casi di un’evoluzione di PAM con atipia, nel 7% dei casi di un nevo della congiuntiva mentre esordisce ex novo nel restante 19% dei casi.

A seguito di diagnosi e classificazione, il melanoma della congiuntiva richiede un attento monitoraggio perché può crescere, con una compromissione anche della zona palpebrale e con metastasi nel 32% dei casi che possono interessare – per diffusione linfatica – i linfonodi cervicali, sottomandibolari, preauricolari e addominali, nonché il tessuto sottocutaneo periorbitario, e, per via ematica, il fegato, lo scheletro, la parotide ed il sistema nervoso centrale.

Il trattamento

Il trattamento varia a seconda delle dimensioni e della localizzazione del tumore. Può presentarsi infatti in sede posteriore, alla media periferia o anteriore.
Si tratta, in genere, di lesione pigmentata anche se può presentarsi anche in assenza di pigmentazione.

Nei tumori di piccole dimensioni e localizzati in posizioni accessibili, la resezione chirurgica è in genere sufficiente. Laddove la sede di intervento è più sfavorevole, è possibile intervenire chirurgicamente per asportare la lesione, associando un trattamento radioterapico o chemioterapico topico.

Questo consente, nel 70% dei casi di scongiurare l’enucleazione dell’occhio. I due diversi interventi – quello conservativo e quello radicale – non incidono sull’aspettativa di vita del paziente; occorre tuttavia una valutazione caso per caso a seconda delle caratteristiche del tumore, delle condizioni dell’occhio affetto da tumore, delle condizioni dell’altro occhio, delle condizioni generali del paziente – età, sesso, stato di salute, familiarità, contesto sociale e lavorativo.

Terapia chirurgica e terapia medica

La terapia medica punta a chemioterapia topica, a base di mitomycin C e 5-fluoro-uracile.
La situazione risulta libera da progressione ad 1 anno nel 10% dei casi e del 17-21% a 5 anni.
La mitomicina C è un antibiotico antineoplastico che agisce come agente achilante, legando il DNA nucleare e conducendo all’inibizione della sintesi dei nucleotidi, genera radicali liberi e presenta un’alta tossicità. Risulta di estrema efficacia nella PAM e nel melanoma congiuntivale con un regime terapeutico di 1 goccia 4 volte al giorno a settimane alterne per un massimo di 4 settimane.

La tossicità rappresenta un fattore frenante al suo utilizzo; i suoi effetti collaterali possono essere anche severi come i difetti epiteliali, le dermatiti perioculari e la stenosi dei punti lacrimali.
Nel melanoma il trattamento di prima linea è la chirurgia e la mitomicina C può essere utilizzata come trattamento neoadiuvante o adiuvante.
Occorre difatti in primis rimuovere la lesione per evitare la recidiva. La tecnica chirurgica utilizzata è la no touch tecnique, che si articola in 13 passaggi.

Il melanoma della coroide

Il melanoma della coroide rappresenta per tipologia il primo tumore intraoculare anche se la sua incidenza è relativamente bassa: nel nostro Paese si evidenziano circa 300-400 nuovi casi l’anno. A livello sintomatologico talvolta si manifesta con la riduzione dell’acuità visiva ovvero con l’offuscamento del campo visivo o con lampi di luce e altri sintomi riconducibili al distacco di retina.

Il melanoma intraoculare invia metastasi per via ematica. La prima localizzazione è il fegato, nel 95% dei casi, considerato sito satellite. Il 50% dei pazienti decede per metastasi a 10 anni dalla diagnosi. Il melanoma può presentarsi in vario modo: unilaterale, monofocale, anche se non mancano eccezioni. Si interviene con ago aspirato e biopsia solo in quei casi in cui è dubbia la neoformazione intraoculare.

Indicazioni al trattamento

Nei melanomi intraoculari si ricorre alla radioterapia.
Il trattamento conservativo consiste in radioterapia che può essere di tipo termico, transpapillare (TTT), trattamento combinato con l’applicazione di placche radioattive o radioterapia associata a trattamento chirurgico. Sovente si procede con l’applicazione di placche di iodio o di rutenio a contatto con la superficie oculare, ma i criteri dosimetrici della terapia variano a seconda della dimensione del tumore.

In caso di radioterapia esterna, occorre prima effettuare il centraggio attraverso l’apposizione di 4 clip di tantalio che vengono applicate sulla superficie sclerale attorno all’area del tumore e dopo 7-10 giorni si procede con la radioterapia ai protoni.

Il trattamento radioterapico impatta su macula e pupilla, compromettendo la funzionalità dell’occhio. I principali obiettivi del trattamento sono il controllo locale del tumore e la funzione visiva, anche se spesso i due punti risultano in conflitto l’uno rispetto all’altro.

In genere quindi sia il trattamento conservativo radioterapico (70%), sia l’intervento demolitivo con enucleazione dell’occhio (30%) portano ad una perdita dell’occhio. Nel primo caso la perdita della vista si concretizza dopo 12-24 mesi mentre con l’enucleazione, al danno estetico (oggi compensato da una buona pratica protesica) si aggiunge una perdita immediata dell’occhio.

Resta cruciale la diagnosi e l’intervento precoce perché si traduce in funzionalità dell’occhio; inoltre, in presenza di lesioni intraoculari o retino-coroideali diverse dalla normalità, è sempre bene avviare il paziente a centri specializzati di oncologia oculare perché possa essere seguito a tutto tondo e non solo a livello oculare all’interno di una equipe multidisciplinare.

Elena D’Alessandri