Dal neuronavigatore allo stimolatore innovativo, dagli elettrocateteri direzionali al software per la verifica del posizionamento degli elettrodi. Le strumentazioni più all’avanguardia e precise sono state utilizzate al completo per la prima volta in Italia presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, per la terapia chirurgica del Parkinson (Deep Brain Stimulation) su un paziente di 52 anni. Un formidabile en plein di gioielli tecnologici, quelli più all’avanguardia, per una procedura ultraprecisa, mininvasiva e sicura per il paziente.

Il neurochirurgo Tommaso Tufo ha effettuato l’impianto di Percept PC™ con elettrodi direzionali, il neurostimolatore per la terapia di stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) sviluppato da Medtronic, con le più avanzate tecnologie disponibili.

Per la prima volta sono state sfruttate tutte insieme le ultime tecnologie di Medtronic: l’imaging intraoperatorio (O-arm), il neurostimolatore Percept PC™, con elettrocateteri direzionali e, a impianto avvenuto, la ricostruzione del posizionamento degli elettrodi, con un software dedicato.

«L’intervento di DBS», spiega il dott. Tufo, «è una tecnica validata da tempo che trova indicazione nei disturbi del movimento quando la terapia medica non dà risultati ottimali o dà importanti effetti collaterali.
Questo trattamento è riservato a pazienti under 65 anni che rispondono poco alla terapia medica o che presentano dalla stessa effetti collaterali disabilitanti».

Questi interventi agiscono sui sintomi del Parkinson, ma non lo curano. Consentono però di ottenere una sorta di ringiovanimento della malattia; per il paziente è come tornare indietro alle prime fasi del suo Parkinson. È come essere in trattamento con un farmaco ideale h24, compresa la notte, a dosaggio costante. Il paziente può attendersi un miglioramento dei sintomi motori e si riesce a ridurre la terapia farmacologica.

La risposta a questo trattamento ha anche una buona durabilità. «Abbiamo osservato un buon controllo dei sintomi della malattia anche nei soggetti sottoposti a questi impianti vent’anni fa, con neurostimolatori di certo molto meno performanti di quelli che utilizziamo oggi».

La DBS consiste nell’impianto di un neurostimolatore (una sorta di pacemaker del cervello), costituito da un generatore che, come quello del pacemaker cardiaco, viene alloggiato in una tasca cutanea sotto la clavicola, e di un microelettrodo che viene posizionato a livello dei nuclei della base, strutture nervose che si trovano nelle profondità del cervello. Per realizzare questo delicato impianto nel cervello si ricorre a una tecnica neurochirurgica (stereotassica) molto precisa.

Grazie al sistema di Imaging 3D Intraoperatorio e al Neuronavigatore Medtronic, la procedura DBS viene eseguita con la tecnica fiducial-less, che evita l’uso del casco stereotassico o delle viti ossee, garantendo però la massima precisione chirurgica e semplificando il flusso della procedura.

I neuronavigatori computerizzati vengono collegati a loro volta a una specie di TAC intraoperatoria (O-arm) che permette di controllare la posizione degli elettrodi in tempo reale, direttamente in sala operatoria. È un’importante innovazione; in precedenza era necessario, finito l’intervento, effettuare una TAC di controllo postoperatoria.

Dopo aver impiantato gli elettrodi nelle appropriate zone del cervello, si fanno passare sottocute i cateteri che li collegano al generatore di impulsi (una batteria di pochi cm), alloggiato in una tasca sottocutanea, sotto la clavicola. Alcuni di questi generatori sono ricaricabili dall’esterno, possono durare fino a 25 anni e non vanno sostituiti.

I primi interventi di DBS sono stati fatti a inizio anni ’90; da allora la tecnologia è evoluta in maniera rapidissima, fino agli attuali sofisticatissimi sistemi.