La sanità europea, con l’arrivo della pandemia da Covid-19 nei primi mesi del 2020, si è trovata a dover fronteggiare una situazione emergenziale che ha messo a dura prova un comparto già sotto pressione per via dei cambiamenti demografici in atto con una presenza sempre più massiccia di soggetti anziani e fragili, spesso portatori di più patologie croniche.

A fronte di ciò si registrano gli sforzi intrapresi da anni dai sistemi sanitari europei verso un percorso orientato alla digitalizzazione dei processi che tenga conto delle nuove tecnologie che si diffondono rapidamente e della necessità di definire strategie digitali a ragione della crescente rilevanza dei dati disponibili per la cura e la salute della persona.

Il centro di ricerca Deloitte specializzato nelle tematiche e nelle pratiche legate alla Sanità – Deloitte Centre for Health Solutions – il 10 settembre ha pubblicato il report “Digital transformation: shaping the future of European healthcare”, che fotografa lo stato dell’arte della digitalizzazione nella sanità in Europa, il ruolo che riveste la tecnologia nel trasformare il lavoro del personale sanitario, nel ridefinire il rapporto medico paziente, con un focus specifico su 7 Paesi europei, tra cui l’Italia.
I risultati sono il frutto di una rilevazione effettuata su circa 1.800 operatori sanitari – di cui 401 italiani – e 40 interviste a stakeholder del settore, condotta nei mesi di marzo e aprile 2020.

Uno scenario tra luci e ombre

Lo scenario che emerge dalla ricerca Deloitte è un quadro a luci e ombre. Da una parte la transizione tecnologica – almeno per quanto concerne taluni aspetti – sembra in buona parte concretizzata: l’adozione della cartella clinica elettronica così come dei sistemi elettronici di prescrizione sono ormai dati per assodati in molte realtà, con un 81% di adozione a livello europeo per la prima (69% in Italia) e 62% dei secondi (67% in Italia), anche se permangono differenze tra i diversi Paesi e anche all’interno della stessa realtà.

Il comparto sanitario sembra altresì pronto ad affrontare le nuove sfide tecnologiche più innovative, quali l’intelligenza artificiale e la robotica: esse, tuttavia, interessano ancora un numero residuale di operatori. Infatti, a livello europeo, ma i dati restano i medesimi anche nella Penisola, soluzioni di intelligenza artificiale vengono attualmente adottate da circa il 5% degli operatori intervistati, mentre la robotica si attesta a un 8%, con una percentuale che tocca il 13% da parte della Germania.

Due risultano essere le principali barriere alla diffusione delle nuove tecnologie: da una parte gioca un ruolo cruciale la burocrazia – elemento ostativo per il 57% degli intervistati a livello europeo e per il 64% degli italiani – mentre, dall’altro, rallentano il percorso gli alti costi della tecnologia che richiederebbero importanti investimenti.

Quest’ultimo aspetto non appare in modo particolarmente sentito nel nostro paese dove emerge piuttosto la necessità di una adeguata formazione del personale all’uso delle nuove tecnologie, elemento questo sottolineato dal 47% degli intervistati.

A tale riguardo Guido Borsani, Government & Public Services Industry Leader di Deloitte Italia, ha sostenuto che «quando si parla di trasformazione digitale nella sanità bisogna tenere presente che non è una questione di tecnologia ma di cultura, si tratta di cambiamenti organizzativi e di processo all’interno dei quali le tecnologie possono aumentare i benefici per i pazienti, gli operatori e il sistema sanitario nel suo complesso».

Effetti del Covid-19 nel processo di trasformazione al digitale

All’interno di questo scenario, il Covid-19 ha rappresentato un elemento di indiscusso stimolo verso l’implementazione di strategie digitali.
Circostanza questa confermata dalle interviste a livello europeo, che hanno evidenziato un incremento in tal senso per il 65% degli operatori e delle strutture (66% in Italia).
Durante la delicata fase pandemica è emerso tuttavia che a dover cambiare i propri atteggiamenti – anche per quanto concerne i rapporti con i pazienti – sono stati, in modo più significativo, i medici di medicina generale, i quali rappresentano, sovente, il primo avamposto per i pazienti.

Quattro direttrici per il futuro del sistema sanitario in Europa

Lo studio Deloitte ha evidenziato infine quattro direttrici – le 4P – per il futuro dei sistemi sanitari, dove un ruolo cruciale verrà giocato dalle tecnologie più innovative.
La medicina del futuro dovrà infatti essere preventiva, potendo disporre delle informazioni presenti nelle cartelle cliniche elettroniche le quali dovranno interagire con quelle raccolte dai dispositivi indossabili, per poter quindi individuare meglio e in modo più tempestivo le eventuali alterazioni nelle condizioni del paziente; essa dovrà essere sempre più personalizzata, grazie allo sviluppo della genomica, e ciò per consentire terapie sempre più mirate e precise.

Essa dovrà essere inoltre predittiva, ovvero abilitata dall’intelligenza artificiale attraverso un sistema di early-warning per quanto concerne lo stato dei pazienti ricoverati.

Infine, dovrà essere partecipativa, affinché il paziente sia sempre al centro e possa interagire in modo più semplice con il sistema sanitario nella sua interezza.

Un futuro questo certamente auspicabile, che richiede tuttavia impegni enormi a livello di investimento e di cambio di paradigma.
Perché le 4P del futuro possano pienamente dispiegarsi è infatti indispensabile disporre di cartelle cliniche accessibili, di standard di interoperabilità, di una robusta infrastruttura per la sanità, «senza tralasciare il tema della necessità di un framework per la governance dell’intero processo – in un Paese come il nostro in cui la sanità è regionalizzata – e dello sviluppo delle competenze digitali necessarie perché la trasformazione abbia successo», ha sostenuto ancora Borsani.

Elena D’Alessandri