Gli infermieri sono aumentati nei Paesi OCSE ma non in Italia, dove sono sempre 5,7 ogni 1000 abitanti contro una media OCSE di 8,2, con tutti gli Stati del Nord Europa sopra i 10 infermieri ogni 1000 abitanti e solo alcuni dell’est europeo (Slovacchia, Cipro, Polonia, Lettonia, Bulgaria, Grecia, Serbia, Montenegro, Macedonia e Turchia) sotto questo valore.
Eppure, sottolinea l’OCSE nel suo rapporto Health at a Glance Europe 2020, «gli infermieri svolgono un ruolo fondamentale nel fornire assistenza negli ospedali e negli istituti di assistenza a lungo termine in circostanze normali e il loro ruolo è ancora più critico durante la pandemia».
La carenza preesistente di infermieri – in Italia storicamente è di almeno 53.000 unità – è stata infatti aggravata dalla pandemia, anche per il fatto che molti infermieri sono stati contagiati (nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati forniti dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche basati su rilevazioni e rapporti INAIL, a oggi sono oltre 28.000, con 49 decessi, e sono in aumento).

L’OCSE sottolinea che la domanda di infermieri dovrebbe continuare a crescere negli anni in pagine dell’invecchiamento della popolazione, mentre molti infermieri si stanno avvicinando all’età della pensione e quindi la forza lavoro rischia di diminuire ancora.
Questo preoccupa molti Paesi, che stanno investendo nella loro formazione e che stanno anche affrontando le carenze attuali assumendo infermieri dall’estero.
«Aumentare il numero degli infermieri in attività», scrive l’OCSE, «rimane una questione chiave per evitare, nella maggior parte dei Paesi, le carenze attuali e future».

Rapporto medici/infermieri in Europa (fonte: OCSE, Health at a Glance Europe 2020)

Gli infermieri poi, sono molto più numerosi dei medici nella maggior parte de Paesi UE, dove nel 2018 c’erano in media più di due infermieri per medico, raggiungendo il rapporto infermiere-medico di circa quattro o più in Finlandia, Lussemburgo, Irlanda, Svizzera, Islanda e Norvegia e di uno a tre in Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Slovenia.
Il rapporto era molto più basso nei Paesi dell’Europa meridionale e in Lettonia.

In Italia questa proporzione, secondo il rapporto OCSE, è scesa da 1,5 dello scorso rapporto a 1,4, dati peggiori in Europa vengono solo da Portogallo, Cipro, Lettonia (dove il rapporto è 1:3) e Bulgaria e in assoluto in Europa anche di Macedonia (stesso rapporto dell’Italia) e Turchia.

La forza lavoro sanitaria è stata il più grande problema nel rispondere al picco della domanda di assistenza durante la pandemia. La situazione nei Paesi: in Italia molti medici e pochi infermieri (fonte: OCSE, Health at a Glance Europe 2020)

In risposta alla carenza di medici, spiega l’OCSE, diversi Paesi hanno iniziato a implementare ruoli più avanzati per gli infermieri in ospedale e per le cure primarie e, per esempio, le valutazioni di Finlandia, Regno Unito e Irlanda mostrano che gli infermieri specializzati possono migliorare l’accesso ai servizi e ridurre i tempi d’attesa, offrendo la stessa qualità di cura dei medici per una serie di pazienti, compresi quelli con patologie di bassa intensità e quelli che necessitano di controlli di routine.
Questa impostazione ha anche portato, nei Paesi OCSE che l’hanno adottata, un alto tasso di soddisfazione dei pazienti, mentre l’impatto sui costi ha mostrato una riduzione e nessun innalzamento rispetto al pregresso.

«In Italia», ha commentato Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI, «finora abbiamo assistito a varie forme d’integrazione del personale, dall’impiego dei neolaureati per attività che possano liberare infermieri più esperti alle task force mirate della Protezione Civile, alle quali hanno risposto decine di miglia di infermieri volontari; dalla messa in campo degli infermieri militari all’uso dei liberi professionisti.
Tuttavia non si risolve la situazione con provvedimenti emergenziali.
La FNOPI è a disposizione delle altre istituzioni per creare in tempi rapidi un percorso che integri gli organici il più velocemente e correttamente possibile».