Tecnica Ozaki nell’insufficienza valvolare aortica

Nel trattamento chirurgico per l’insufficienza valvolare aortica si fa uso di protesi ottenute da tessuto animale, ma c’è una tecnica giapponese che sfrutta il tessuto pericardico dello stesso paziente.

La tecnica Ozaki – che prende il nome dal suo ideatore, il cardiochirurgo Shigeyuki Ozaki – «è una delle maggiori innovazioni in cardiochirurgia degli ultimi dieci anni e all’Istituto Cardiologico Monzino siamo stati i primi a sperimentarla e svilupparla in Europa. I dati oggi ci danno ragione: la ricostruzione con tessuto del paziente ottiene gli stessi risultati dell’impianto di una protesi, in termini di efficacia, con vantaggi indiscutibili per il paziente stesso.

Il primo grande vantaggio è che la valvola ricostruita non corre il rischio di rigetto e permette al paziente di evitare di dover assumere la terapia anticoagulante dopo l’intervento. Inoltre, l’utilizzo esclusivo di tessuto con DNA proprio, promette una durata della neovalvola molto superiore a quella delle protesi biologiche tradizionali, basate su tessuto animale.

Potremmo definirla una sostituzione valvolare biologica autologa», spiega il prof. Gianluca Polvani, direttore del Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare del Centro Cardiologico Monzino di Milano e professore di Cardiochirurgia dell’UniversitĂ  degli Studi di Milano.

La scorsa estate l’istituto milanese ha superato i 100 impianti effettuati con questa tecnica, il secondo volume per dimensione a livello internazionale, avendo a disposizione un’ampia base di dati per lo studio degli effetti della tecnica.

Dati che hanno portato a due studi, pubblicati rispettivamente nel 2020 e lo scorso settembre: entrambi confermano l’efficacia della tecnica. Il primo studio, in particolare, mostra gli esiti a medio termine della tecnica, evidenziando che questa ha una mortalitĂ  intraoperatoria nulla e un bassissimo caso di complicanze, occorse solo nel 3% dei casi.

Inoltre, a 5 anni dall’intervento nessun paziente ha mostrato recidive di vizio severo della valvola e nessuno ha dovuto essere rioperato. Il secondo studio, invece, piĂą recente e tecnico, mette in evidenzia invece i vantaggi della pianificazione preoperatoria della tecnica, partendo chiaramente da immagini TAC, secondo una tecnica ideata proprio al Monzino e chiamata “Promoter” (PReoperative Ozaki Technique Measures On Tridimensional Engineered Root).

Questa permette ai chirurghi dell’ospedale milanese di conoscere in dettaglio l’anatomia della valvola patologica del paziente e di calcolare la dimensione che dovranno avere i nuovi lembi che andranno a creare partendo dal pericardio del paziente.

In questo modo si possono costruire in modo “sartoriale” e altamente paziente specifico i nuovi lembi della valvola, misurandoli sulla morfologia di quella nativa.

La procedura sopra accennata ed è stata messa a punto per rispondere ai tempi di asistolia troppo lunghi nella tecnica originaria, che necessita di un grande supporto da parte della circolazione extracorporea.

Con “Promoter”, invece, vengono stampati modellini 3D della radice aortica del paziente, dai quali si può risalire, come detto, alle dimensioni dei nuovi lembi della valvola. Una volta in sala operatoria la procedura è quindi piĂą rapida perchĂ© viene “saltato” il passaggio relativo all’individuazione degli interventi da fare sul pericardio.

In questo modo i tempi di circolazione extracorporea possono essere ridotti del 20%. Secondo lo studio pubblicato, “Promoter” ha permesso di ottenere il 100% di coincidenza tra le misure dei lembi effettuate in sala operatoria e quelle sui modellini 3D.

Stefania Somaré