Malpractice e responsabilità professionale

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Sabrina Nardi
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Tonino Aceti

Un primo strumento per ridurre la possibilità di errore è la gestione del rischio clinico, un problema culturale perché prevede di imparare dagli errori anziché nasconderli. «In tema di rischio clinico vi sono grandi disomogeneità tra Regioni, con Campania e Puglia inadempienti alle richieste del Ministero della Salute e la Liguria adempiente con impegno. Si capisce che le indicazioni del Ministero non sono vincolanti e questo è un problema», lamenta Nardi. «Anche in questo caso stiamo cercando di intervenire a favore dei cittadini. Infatti davanti a un caso di malpractice, è necessario che il cittadino abbia la possibilità di dimostrarlo davanti a un esperto. Ecco perché lo scorso 10 marzo abbiamo inviato in Senato (che sta analizzando il ddl sulla responsabilità professionale) delle proposte per dare più centralità ai diritti del malato, assicurare più trasparenza e sicurezza al Ssn nonché più certezza nell’accesso al risarcimento per chi ha subito un danno in sanità». Interviene Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva: «come prima cosa abbiamo chiesto che l’inversione dell’onere della prova entri in vigore solo dopo l’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico e che il rilascio della cartella clinica sia contestuale alle dimissioni e non, come accade oggi, anche dopo 120 giorni. Così i cittadini avranno almeno strumenti in più per provare l’eventuale danno subito, tra cui i sistemi di videoregistrazione di cui abbiamo proposto l’installazione in tutte le sale operatorie. Inoltre abbiamo chiesto che ci sia certezza di pagamento del risarcimento, anche nei casi di autoassicurazione, chiedendo che il Fondo di Garanzia agisca in questi casi, per evitare che anche quando il giudice ha emesso una sentenza a favore del cittadino questi non riesca ad avere il risarcimento economico che gli spetta. E ancora che questo Fondo copra anche i danni da infezioni ospedaliere, oggi risarciti di rado pur causando problemi non irrilevanti. Abbiamo proposto un sistema di controllo e vigilanza sui contratti assicurativi e sulle autoassicurazioni delle strutture; che i tempi per una pratica di risarcimento siano certi e più brevi, per porre fine alle attese (in media 4 anni). Abbiamo chiesto di ridurre i costi per il cittadino, proponendo di dividere tra le parti quelli per il tentativo obbligatorio di conciliazione. Infine, abbiamo scritto emendamenti per dare più trasparenza e sicurezza al Ssn, chiedendo che la prevenzione e la gestione del rischio siano obiettivi per la valutazione dei direttori generali e che la Carta dei Servizi e il sito web delle strutture sanitarie pubblichino in modo chiaro e accessibile i dati del Piano nazionale esiti».

E con questo, si conclude il nostro viaggio nel federalismo sanitario italiano: come abbiamo visto, l’eterogeneità la fa da padrona. Chiudiamo con un’altra affermazione di Tonino Aceti: «È ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Lea, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze. Per andare dietro alla sola tenuta dei conti, oggi alcune Regioni in piano di rientro hanno un’offerta dei servizi persino sotto gli standard fissati al livello nazionale, ma con livelli di Irpef alti e ingiustificabili dai servizi resi. L’Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, fino a tornare, al momento dell’equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro».