A Rimini il 62° congresso della Società Italiana di Nefrologia

Si svolge a Rimini dal 6 al 9 ottobre il 62° Congresso della Società Italiana di Nefrologia (SIN RENI), occasione per presentare le novità in ambito di trattamento e cura della Malattia Renale Cronica (MRC) che in Italia colpisce il 7-10% della popolazione: numeri attesi in crescita a seguito dell’invecchiamento della popolazione e cin la malattia anche le implicazioni connesse. Ad oggi sono circa 4,5 milioni i pazienti con MRC medio-avanzata, 50 mila in terapia dialitica e altrettanti i portatori di trapianto di rene in follow-up nefrologico. Condizioni che rendono questa categoria di paziente ‘fragili’, esposti a un maggiore rischio di eventi avversi.

Infezione da Covid-19 compresa: una survey condotta dalla SIN, fra i dializzati, attesta una mortalità 10 volte superiore a quella a oggi stimata nella popolazione generale durante la seconda fase della pandemia (26% vs 2,4%). Ragioni che sono imputabili a due fattori: «Una parte consistente di pazienti nefropatici – spiega Piergiorgio Messa, Presidente SIN, Direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale – Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – mostra una risposta anticorpale inferiore del 20-30% rispetto alla popolazione generale, diminuzione che può superare anche il 60% nei trapiantati.

Pertanto come è stato nel caso della vaccinazione per epatite B in cui è stato necessario rinforzare gli schemi vaccinali, con l’uso di più dosi di richiamo e/o l’uso di vaccini con aumentata efficacia stimolatrice immunologica, anche per Covid-19 si stima che una terza dose possa permettere anche ai pazienti nefropatici una risposta anticorpale idonea a incrementare le difese contro il virus, portando i livelli nella norma».

Tra le nuove opportunità terapeutiche, presentate al Congresso, vi è l’ingresso di farmaci inizialmente studiati per la cura del diabete di tipo 2, anche nel trattamento del paziente con MRC.

«Recenti studi – aggiunge Sandro Mazzaferro, Professore Ordinario di Nefrologia presso Università Sapienza di Roma e Direttore della UOC di Nefrologia, Policlinico Umberto I di Roma – mostrano che gli inibitori di SGLT-2 (cotrasportatore 2 di sodio-glucosio) che diminuiscono i livelli di glicemia aumentando l’escrezione del glucosio con le urine, sono in grado di assicurare protezione renale e cardiovascolare sia in pazienti con diabete di tipo 2, sia in pazienti non diabetici con patologia renale o cardiologica. Nello specifico, questi farmaci rallentando in modo significativo l’evoluzione della malattia renale cronica, riducono il rischio di morte per cause renali e di necessità di dialisi».

Si è pertanto in attesa che venga autorizzata la prescrizione non solo da parte del diabetologo ma anche del nefrologo. Prosegue l’esperto: «Invece in relazione all’anemia, un’altra delle principali complicazioni delle malattie renali croniche, vi è evidenzia di efficacia di un inibitore della prolil idrossilasi – farmaco che stimola l’eritropoiesi e regola il metabolismo del ferro – nell’aumentare i livelli di emoglobina nei pazienti nefropatici al pari dell’epoetina alfa, con il valore aggiunto di essere una terapia orale».

Di rilievo, fra gli argomenti trattati, anche le strategie per migliorare trapianti: sono oltre 6 mila le persone in attesa di un trapianto di rene, mentre i reni disponibili sono circa 2 mila ogni anno, secondo gli ultimi dati del Centro Nazionale Trapianti. Mancano, quindi, all’appello oltre 4000 reni, da cui la richiesta della SIN di sensibilizzare alla ‘cultura’ del trapianto da vivente che oggi rappresenta solo il 10% delle donazioni ed unico modo per abbattere in modo significativo le liste di attesa. Nel frattempo la ricerca scientifica avanza e fornisce nuove indicazioni possibili: «Alcune tecniche come CAR-T potrebbero essere “declinate” anche nel campo della nefrologia – precisa ancora Messa – per indurre tolleranza e quindi diminuire le tossicità e aumentare la durata del trapianto».

Il 15-20% delle persone in lista d’attesa, sono già dei trapiantati.
Non ultimo e di attualità la questione climatica: non solo elevate temperature, ma anche l’inquinamento ambientale incide sensibilmente sullo stato dei pazienti con malattia renale: «La nefrologia – conclude Mario Salomone, Segretario SIN – ha un legame doppio con la questione ambientale: da una parte il cambiamento climatico che impatta negativamente sulla salute dei reni, dall’altra le terapie nefrologiche – specialmente quelle dialitiche – con i loro residui plastici, dalle cannule ai vari contenitori sono fonte di inquinamento ambientale. Siamo vittime e carnefici allo stesso tempo. È ora di cercare delle soluzioni». E avviarsi a una “green nephrology” sembra una di queste.

Francesca Morelli