Il Report BioInItaly 2021 mostra un interessante spaccato del mercato italiano, infatti attesta la solidità del comparto biotecnologico. Data l’unicità del periodo, Assobiotech-Federchimica ed ENA hanno deciso di interpellare un campione di aziende già analizzate per realizzare il Report generale e di sottoporre loro un questionario dedicato proprio alla pandemia.

Si è trattato per lo più di microimprese (50%) e piccole imprese, con l’aggiunta di qualche azienda più grande, tutte dedicate anche all’export, anche se con percentuali differenti.
Dal questionario emerge che oltre il 70% delle aziende interpellate non ha subito cali nel fatturato, se non in alcuni casi e per piccole quote, inoltre alcune aziende hanno visto addirittura crescere le proprie entrate. Ciononostante, vi è stata una generale difficoltà relazionale, di accesso alle strutture, ai prodotti e una certa carenza nelle materie prime.

Questi dati si riflettono nel Report più generale, che mostra un settore in costante crescita sia per numero di imprese che per fatturato, ricerca e sviluppo e numero di dipendenti.

Certo, i tassi di crescita sono ora più contenuti, ma comunque il fatturato del 2019 ha segnato un +23% sul 2018, mentre gli investimenti in Ricerca e Sviluppo un +46,7%. Ecco l’identikit di queste imprese: si tratta per oltre l’80% di micro e piccole imprese, anche se la quasi totalità del fatturato (96%) si concentra nelle mani delle medio-grandi imprese che rappresentano solo il 20% del settore.

Importanti sono le startup innovative, che contribuiscono ad accrescere il numero di imprese biotech in Italia. Oltre il 60% di questa attività si concentra nel Nord del Paese, mentre oltre il 75% degli investimenti intra-muros viene fatto da imprese Lombarde, Toscane e Laziali.

Vediamo ora qual è il settore che maggiormente funziona nel nostro Paese? Senza dubbio, quello delle Life Sciences, che rappresenta il 50% di tutte le imprese biotecnologiche nazionali; seguono il settore Industria e Ambiente (30%), Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti – GPTA (12%) e Agricoltura e Zootecnica (8%).

Le proporzioni non cambiano molto se si guarda alla distribuzione del fatturato: a farla da padrone è ancora il settore legato alla Salute Umana, con un 73%, seguito da Industria e Ambiente (19%), Agricoltura e Zootecnica (7%) e da GPTA (1%).
Inoltre, l’88% degli investimenti in Ricerca e Sviluppo è concentrato sulla Salute Umana.

Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec-Federchimica

Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec-Federchimica, commenta: «Quello delle biotecnologie è un settore che ha potenzialità straordinarie, confermato dagli strumenti che stanno permettendo al mondo di superare la pandemia: dal sequenziamento del genoma del virus ai test diagnostici, fino ai vaccini e agli anticorpi monoclonali, tutte le risposte al Covid-19 sono state biotecnologiche.

Il Biotech è universalmente riconosciuto quindi come un asset sul quale i Paesi sviluppati non possono non puntare per una ripartenza economica che sia anche sostenibile. Oggi siamo a un bivio cruciale ed è il momento, come sistema Paese, di scegliere di seguire finalmente la strada dell’innovazione. Abbiamo grazie al Next Generation EU e al PNRR, risorse mai viste prima e un’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica su diverse priorità sulle quali da anni chiediamo interventi di policy.

Sono tanti i segnali incoraggianti per lo sviluppo del settore che stanno arrivando dal Governo: l’innalzamento del credito d’imposta da 4 a 20 milioni, la nuova identità e missione data dal MISE a Fondazione Enea Biomedical Tech con anche l’idea di raddoppiare la dotazione della Fondazione con altri 400 milioni a disposizione delle startup focalizzate sul biotech. E ancora la detassazione del capital gain per chi investe in startup e PMI innovative, solo per citarne alcuni. Tutti segnali incoraggianti».

Stefania Somaré