L’etica deve governare l’innovazione

Umberto Nocco, presidente AIIC

Ho di recente avuto la fortuna di partecipare al VI Convegno Mondiale di Ingegneria Clinica, che si è svolto in Cina lo scorso mese di ottobre.

Come sempre la partecipazione a un convegno – a maggior ragione se internazionale – è un momento privilegiato di confronto con colleghi. Dal confronto nascono contatti, amicizie, possibilità di scambio di conoscenza e supporto reciproco. Ma nel nostro caso è apparso evidente che la gestione delle tecnologie è un’attività comune in tutto il mondo per necessità e contenuti. I colleghi dal Nord e dal Sud America, dall’Africa, dall’Asia hanno portato il loro contributo alla discussione parlando di organizzazione delle attività, valutazione delle tecnologie, innovazione tecnologica e organizzativa a vantaggio dei pazienti.

Come ha detto durante la sessione di apertura Ricardo Silva (membro del board della Global Clinical Engineering Alliance), la nostra professione si pone a un incrocio tra tecnologia, etica e cura del paziente, tre dimensioni strettamente interconnesse tra loro. L’ingegnere clinico ha da tempo superato il “segnale” – che è tipico dell’ingegneria biomedica – per evolvere verso il dato che è la somma di segnale e rumore. Dato che rappresenta solo una parte di ciò che stiamo osservando. La successiva evoluzione non è neanche quella dell’informazione (come lettura critica dei dati) ma quella dell’intelligenza che è composta da informazione, conoscenza, comprensione e giudizio. La sfida particolare che abbiamo in questo momento è inserire queste quattro componenti (tutte) in un sistema tecnologico o, al limite, capire come questo sistema si comporta in assenza di una delle tre.

C’è, però, un aspetto che non possiamo dimenticare: sia che parliamo di sistemi di supporto decisionale, di sistemi di intelligenza artificiale, di gemelli digitali, non possiamo ignorare che la dignità dell’uomo e i valori del paziente devono rimanere centrali. L’etica deve governare l’innovazione, per consentire il miglior mix di valori tipici del paziente (qualità attesa di vita, beneficio potenziale, autonomia di vita).

La nostra missione di professionisti (e di tutti quelli che si occupano direttamente di tecnologia in sanità) è costruire un sistema sanitario che sia tecnologicamente avanzato, basato sull’etica e universalmente accessibile.

Abbiamo, inoltre, potuto visitare due ospedali. Non due luoghi ipertecnologici, ultramoderni. Due posti “normali”, che assomigliano alle nostre bistrattate strutture ospedaliere che fanno capo a un sistema sanitario che qualcuno dice morente ma che in realtà si muove in modo operativo, pratico e che cerca di introdurre innovazione “etica”, come descritta sopra. Un ospedale (quello cinese) con ambulatori abbastanza affollati (ma ordinati) e strutture che avrebbero bisogno di un rinnovo estetico ma dove la tecnologia ha un ruolo rilevante nella cura del paziente, consentendo l’erogazione delle cure, il consulto con i professionisti da tutte le Case di Comunità sparse sul territorio e dall’interno dell’ospedale stesso, dove l’IA sta entrando a supporto dei clinici, dove il dato è base dell’informazione a supporto delle cure. Due luoghi nei quali, come da noi, gli ingegneri clinici cercano di portare un supporto tecnologico ai pazienti e ai clinici, sfruttando gli strumenti oggi disponibili per aumentare il valore etico del paziente.

In sintesi, dobbiamo prendere coscienza che il percorso che abbiamo intrapreso dopo il Covid e che stiamo cercando di concludere (anche per una costrizione esterna dettata dalle milestone) è simile al lavoro che stanno facendo colleghi in giro per il mondo. Ma soprattutto che qualunque milestone non è un punto di arrivo. Dobbiamo ricordarci che mentre noi cerchiamo di far progredire il sistema, introducendo innovazione dobbiamo essere rivolti all’etica dei pazienti che hanno una percezione particolare di quello che incontrano nel SSN, magari con una visione più semplice e immediata di quanto non vediamo o pensiamo noi, perché vivono la necessità di una risposta al loro bisogno. E noi dobbiamo curare i pazienti, cioè rispondere a questo bisogno cercando di essere un po’ “strabici” e far coesistere e collaborare la vista del tecnologo e quella del paziente stesso.

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