Autismo: un network per creare protocolli open access

Autismo: un network per creare protocolli open access Essere curati, quando si nasce in un Paese a basso o medio reddito è spesso difficile. In primis perché molte malattie da noi note in quei Paesi non lo sono. E se una patologia non viene riconosciuta e diagnosticata, curarla è impossibile. L’autismo è una di queste patologie. In tante aree del mondo è ignota e i bambini che ne soffrono non solo non ricevono le terapie adeguate, ma con ogni probabilità vengono considerati matti o peggio. Si tratta di una condizione di disequilibrio già denunciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La risposta non tarda ad arrivare, con la creazione di un network internazionale, cui partecipano clinici e ricercatori provenienti da 20 Paesi e 4 Continenti, che si pone l’obiettivo di sviluppare protocolli terapeutici open-access per l’autismo. La natura free di questi protocolli li rende più economici e quindi accessibili anche nei Paesi più poveri. Il network è nato presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, luogo dove lo scorso 28 marzo si è riunito per la prima volta. Del comitato scientifico fanno parte esperti provenienti da Italia, Olanda, Belgio, Spagna, Portogallo, Serbia, Giordania, Georgia, Messico e Brasile. Il progetto avrà durata di 4 anni, per dare modo ai partecipanti di sviluppare protocolli terapeutici efficaci e scientificamente validati nelle proprie aree di intervento e di renderli quindi disponibili ad altri medici. L’intento è di creare protocolli differenti, applicabili a seconda del contesto sociale e culturale in cui si trova a vivere il bambino affetto da autismo. Fatto ciò, è previsto un lavoro di formazione a distanza per gli operatori locali, così che imparino a utilizzare i protocolli sostenibili. Un esempio è la terapia mediata dai genitori “semplificata” che è stata sviluppata in un progetto del Bambino Gesù in Giordania, dove dal 2013 è attivo un progetto di collaborazione con l’Ospedale Italiano di Karak per sviluppare le competenze del personale sanitario locale nel campo della neurologia e della neuropsichiatria infantile nel riconoscere vari disturbi, come disabilità neuromotorie, epilessia, sindromi neurologiche/genetiche, disturbo dello spettro autistico e disabilità intellettiva. «Il successo della terapia cooperativa mediata dai genitori e i progressi fatti dai bambini con autismo che hanno effettuato questo trattamento in Giordania», spiega Giovanni Valeri, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù, «ci dicono che alcuni modelli di intervento, pur in forma semplificata, posso essere replicati con la stessa efficacia anche in contesti diversi». Quindi alcuni strumenti già esistono ma devono essere adeguati alla cultura del luogo per essere accessibili. Come si sa, non esiste una cura per l’autismo. Esistono strategie che, messe in atto, permettono al bambino di avere una vita migliore.