Presente e futuro della sanità digitale

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Mariano Corso

Lo scorso 4 maggio si è svolto a Milano il convegno “Sanità digitale: non più miraggio, non ancora realtà”, durante il quale sono stati presentati i risultati della Ricerca 2016 dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano.

Ha commentato Mariano Corso (nella foto), responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità: «i primi risultati della “Strategia per la crescita digitale 2014-2020” mostrano come la sanità digitale in Italia non sia più un miraggio ma un piano perseguibile che dà frutti concreti. Tuttavia, la velocità di attuazione è ancora modesta e disomogenea, inadeguata rispetto alla portata e all’urgenza delle sfide in gioco. È necessario attuare la sanità digitale con una governance partecipata e responsabile ai diversi livelli: è auspicabile un ruolo centrale del Ministero e dell’Agenzia per l’Italia Digitale per fornire standard e linee guida secondo le scadenze temporali. Servono politiche regionali coerenti tra loro, in grado di guidare e supportare gli attori del sistema, fornendo competenze e servizi condivisi e premiando i comportamenti virtuosi. E sono necessari progetti coraggiosi di aziende sanitarie e operatori, superando la logica delle sperimentazioni». Ma quali sono i dati più significativi emersi dalla Ricerca? Per esempio, si è scoperto che a oggi i maggiori investimenti sono stati fatti per sviluppare la Cartella Clinica Elettronica, mentre ancora poco si è fatto per introdurre servizi di Telemedicina che favorirebbero la tanto attesa integrazione ospedale-territorio, necessaria per affrontate le sfide basate sulla cronicità che attendono la nostra sanità. Sempre in ottica di avvicinare i cittadini alla sanità vi sono altri due ambiti che sembra stiano crescendo, anche se con lentezza: lo sviluppo del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), richiesto dalla relativa norma del 2015, e l’uso della comunicazione digitale tra medico e paziente, che potrebbe velocizzare alcuni processi, come la richiesta delle ricette, e diminuire le code negli studi dei MMG, che potrebbero così concentrarsi maggiormente sui malati che ne hanno bisogno. E così, la Ricerca rivela che rispetto allo scorso anno è raddoppiata la percentuale di cittadini che sanno cos’è il FSE o che almeno ne hanno sentito parlare… resta invece vertiginosamente bassa la percentuale di chi lo utilizza come strumento, pari al 5%: certo non aiuta il fatto che solo sei Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento) abbiano un FSE attivo.

E le altre? Undici si stanno muovendo per implementarlo, mentre Campania, Calabria e Sicilia e Provincia Autonoma di Bolzano non hanno ancora avviato lo sviluppo. Per quanto riguarda la comunicazione con i pazienti, invece, parecchi MMG utilizzano email, messaggi o WhatsApp per comunicare con i propri assistiti. Resta bassa invece l’adesione dei MMG a progetti di Telemedicina e affini, con una percentuale del 4%, cosa che limita, per esempio, il pieno sviluppo di PDTA che necessitano che i vari attori in gioco possano comunicare tra loro. Quindi anche se i PDTA sono presenti in circa l’85% delle strutture sanitarie, come dichiarato dagli stessi direttori sanitari o socio-sanitari, questi faticano a diventare informatizzati e quindi più facilmente condivisibili. Davanti alla domanda: cosa rallenta lo sviluppo della Sanità digitale, tanto le direzioni ospedaliere, quanto i MMG hanno individuato nelle scarse risorse economiche la prima causa, seguita dalla bassa cultura digitale del personale sanitario e dei MMG stessi. Viene quindi riconosciuto un ruolo forte alle Regioni.

Ha affermato infatti Corso: «se il ruolo del Governo deve essere quindi quello di normatore e regolatore, spetta alle Regioni un ruolo di indirizzo e di promozione dell’innovazione digitale, con obiettivi chiari e comuni e con l’offerta di servizi condivisi alle aziende sanitarie, per consentire di mettere in pratica i piani della Sanità Digitale definiti dal Governo. Compete, invece, ai CIO, in collaborazione con gli attori dell’offerta ICT, il ruolo di “evangelisti” del digitale in azienda, facendo comprendere alle direzioni strategiche e al personale i benefici dell’innovazione digitale, a fronte di investimenti sempre più necessari. Solo quando tutti gli attori del sistema sanitario saranno in grado di ricoprire in modo responsabile e coerente il proprio ruolo, dandosi obiettivi precisi e ambiziosi, la Sanità Digitale potrà diventare finalmente realtà».

Stefania Somaré