La sanità del futuro a misura di cittadino

In occasione dell’Italian Health Day è stato presentato il primo rapporto curato dal Censis, in collaborazione con Janssen Italia.
Un report che racconta sfide e opportunità per il nuovo servizio sanitario, il ruolo dei medici e del personale sanitario, il coinvolgimento responsabile dei cittadini, il contributo dell’innovazione e delle partnership pubblico privato.
Un racconto che parte dalle aspettative e dai desideri dei cittadini.

Il rapporto

Il rapporto, dal layout innovativo, si articola in 4 sezioni: le health stories, cioè le fenomenologie attuali del rapporto degli italiani con salute e sanità; gli health files, cioè i trend strutturali di medio-lungo periodo; le health data room, gli indicatori quantitativi di riferimento e la health keayword, cioè la parola chiave in grado di veicolare con un unico termine il senso stesso del rapporto.

L’ecosistema del post pandemia si compone di 4 attori principali – cittadini, medici, innovatori e digital health – che dovranno fronteggiare 4 sfide: l’invecchiamento, che sempre più determinerà pressione sul servizio sanitario nazionale, con una crescita della domanda di assistenza; il razionamento sanitario, ben evidente nel periodo pandemico rispetto alle prestazioni non Covid, ma già esistente prima della pandemia, con le lunghe liste di attesa; la prevenzione, sempre più importante e infine l’equità, tesa a superare le diverse possibilità di accesso alle cure.

Il risultato atteso è la massimizzazione del valore della salute in grado di contemplare la ricerca dell’equilibrio ottimale con i più alti esiti, la personalizzazione delle cure e la sostenibilità economica.

I cittadini

«I cittadini sono espressione di una soggettività matura», ha sottolineato Massimiliano Valeri, direttore generale Censis, «con un ruolo attivo per il mantenimento di una buona salute».

Dall’indagine è emerso che l’82% è propenso ad adottare comportamenti salutari, intendendo con ciò una sana alimentazione, l’attività fisica, un consumo moderato di alcool e fumo. Il 67% dei cittadini s’informa attivamente e autonomamente sulla salute, il 66,5% fa accertamenti, consapevole dell’importanza della prevenzione e quasi il 42% dialoga attivamente con i medici.

Il ruolo attivo dei cittadini, in questo contesto, deve essere sfruttato come risorsa.
Per cittadini il tema chiave per la sanità del prossimo futuro risiede in una maggiore personalizzazione delle cure, attesa dal 94%; il 93% del campione guarda a percorsi maggiormente modulati sulla base delle esigenze personali.

I medici

I medici e gli operatori sanitari, veri e propri eroi della pandemia, rimangono centrali, con un ruolo ancor più potenziato nella sanità del futuro. Il medico continua, infatti, a rappresentare una garanzia per i cittadini, nei cui confronti hanno una grande fiducia, il 92%.
Il 94% ritiene che debba restare una figura centrale, finalmente liberata dagli eccessivi carichi burocratici e amministrativi per poter dedicare maggior tempo ai pazienti (95%).

Gli innovatori

La pandemia ha evidenziato l’importanza della scienza e della ricerca e proprio nei ricercatori i connazionali ripongono grande fiducia (91%); il 66,5% del campione mostra fiducia per le industrie del farmaco e quasi il 90% dei cittadini si dichiarano fiduciosi nelle potenzialità dei farmaci.

Per implementare la ricerca, il 90% ritiene sia necessaria una maggiore cooperazione tra Stati e imprese del farmaco. Il fatto che la spesa in salute non rappresenti una voce di costo ma un investimento per il futuro è ormai un dato assodato, condiviso dalla quasi totalità del campione (94%).

Grazie all’innovazione, il 94% del campione si aspetta una maggiore efficacia delle cure e una più alta qualità della vita in caso di malattie croniche; inoltre, grazie a farmaci e vaccini, auspica in una riduzione tout-court del rischio di ammalarsi.

Il buon uso dei dati

L’innovazione tecnologica e digitale introdotte con la pandemia hanno mostrato in modo evidente il loro potenziale anche in termini di semplificazione di procedure per i pazienti.
Buona parte di loro (70%) si sono dichiarati favorevoli a rendere disponibili i propri dati sulla salute per studi, ricerche e sperimentazioni.

Il 66% del campione ritiene che i dati sulla salute siano gestiti nel rispetto della normativa sulla privacy e il 65% si è dichiarato favorevole alla gestione di dati sanitari allargati.
Per fare tutto questo sono però necessari upgrade di competenze, tanto per gli operatori della salute – elemento questo ritenuto indispensabile dall’80% dei cittadini – tanto per i cittadini e i pazienti.

Le attese per il futuro

Ferma restando una fiducia riconosciuta da quasi 3 soggetti su 4 (73%) nel proprio sistema sanitario regionale, migliorato grazie alla lezione della pandemia per il 63% del campione, le principali attese per il futuro sono: per il 96,6%, l’esigenza di avere interlocutori facilmente individuabili sul territorio; per il 95,7% ,un accesso semplificato alle cure; per il 50,9%, un numero maggiore di medici; per il 46,7%, tecnologie e attrezzature diagnostiche per le cure più moderne; per il 39,6%, un maggior numero di posti letto negli ospedali; per il 34%, il potenziamento dell’assistenza domiciliare digitale.

La health keyword del rapporto è: rinnovazione, un neologismo che racchiude al suo interno ricerca, innovazione, azione e rinnovamento, quali direttrici necessarie a massimizzare il valore della salute per il prossimo futuro.

Il punto di vista dei medici

Daiana Taddeo, dell’Area Ricerca Nazionale della SIMG ha ricordato l’importanza di una componente umana e relazionale che deve caratterizzare qualsiasi rapporto medico-paziente.
«Il medico di medicina generale sempre più intrattiene rapporti con gli altri specialisti in un’ottica multidisciplinare. In questo contesto, ha sottolineato, la condivisione dei dati sanitari e quindi di un FSE appare essenziale. Per la sanità futura, il medico di medicina generale rimarrà l’anello essenziale per assicurare aderenza terapeutica, maggiore personalizzazione delle cure e inclusione».

Trasformare lo straordinario in ordinario

L’innovazione in pandemia ha reso possibili cose inimmaginabili, tanto che, in Italia, a due anni dall’avvento del Covid-19 sono state erogate 135 milioni di dosi di vaccini, con una copertura del 90% della popolazione riferita alla prima dose.

«Grazie all’impegno nella ricerca e alle collaborazioni pubblico-privato, sono state fatte cose straordinarie. Ora bisogna trasformare lo straordinario in ordinario. In tempo di Covid, è emersa l’importanza dell’industria del farmaco quale partner importante per la difesa della salute: basti pensare che il 90% degli investimenti in ricerca sui farmaci viene proprio dall’industria.

«La ricerca», ha sottolineato Massimo Scaccabarozzi, presidente Janssen Italia, «è qualcosa che non è mai scontato. Basti pensare che nel mondo ci sono 330 ricerche sui vaccini, ma solo 4+1 sono i vaccini effettivamente arrivati».

La ricerca è qualcosa dall’esito sempre incerto, ma il suo valore, tradotto, è ciò che assicura 1 mese di vita guadagnato ogni 3 (mentre con il Covid sono stati persi in media 14 mesi di vita, con punte di 40 mesi in alcune aree del Paese).

Johnson & Johnson destina alla ricerca 12 miliardi di euro l’anno. Questo consente una personalizzazione sempre più spinta delle cure – in oncologia sono ormai il 70-80% le terapie personalizzate – per garantire una qualità di assistenza sempre migliore.

«I LEA non vengono aggiornati dal 2017», ha però aggiunto Annalisa Mandorino, segretario generale di Cittadinanzattiva. «È necessario, inoltre, che i servizi siano a misura di cittadino, anche grazie a domiciliarizzazione e territorializzazione. La sanità del futuro ci si attende che sia universale, eguale ed equa».

Elena D’Alessandri