I dati per gestire la complessità

I dati in sanità sono la base per una correttezza metodologica, scientifica, organizzativa.
«Essi sono una potente arma per colmare i gap ancora esistenti tra le Regioni italiane e garantire eque opportunità di cura ai cittadini.

La digitalizzazione rappresenta dunque un primo e imprescindibile step per consentire al sistema salute un nuovo assetto, complice la digitalizzazione, improntato all’universalismo, all’equità di accesso e all’uguaglianza nei trattamenti», ha sostenuto Mariapia Garavaglia, presidente di Fondazione Roche, in apertura alla presentazione del libro bianco sul valore dei dati in sanità tenutasi “I dati. Il futuro della sanità. Strumenti per una reale innovazione”, in cui esperti e ricercatori analizzano problematiche e potenzialità dei dati a fini di ricerca e ottimizzazione dei servizi a vantaggio di cittadini, SSN e imprese.

In un momento come questo, definito “era della complessità”, emerge con chiarezza la necessità di coniugare diverse esigenze: dalla condivisione alla privacy, dall’etica alla ricerca. Al centro i dati rappresentano l’elemento chiave per poter migliorare la vita delle persone, attraverso l’innovazione, strumenti predittivi, medicina personalizzata. Ma per fare questo non servono solo dati squisitamente clinici, ma anche informazioni sulle abitudini quotidiane e sugli stili di vita.

«Occorre una visione globale in merito ai dati sulla salute e alle opportunità che questi aprono in Europea e anche per il nostro Paese. Il Mission Board sul Cancro dell’UE poggia le basi sul digitale e sull’importanza di acquisire e condividere i dati per i pazienti. Rilevante, a tale proposito il fatto che la Commissione Europea abbia avviato la creazione di uno spazio comune dedicato ai dati sanitari, evidenziando proprio la necessità di una maggiore condivisione dei dati tra i Paesi membri, come emerso durante l’emergenza Covid-19», ha sostenuto Walter Ricciardi, presidente del Mission Board for Cancer e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Dal punto di vista infrastrutturale e regolatorio l’Europa, rispetto ad altri contesti, risulta in ritardo, mentre il nostro Paese si scontra con numerosi gap: oltre a una carenza infrastrutturale – che potrà essere colmata con i fondi PNRR – si ravvisa una mancanza di competenze, risorse umane, sistemi standardizzati di raccolta.
«Prima di tutto è essenziale una rivoluzione culturale che permetta di comprendere l’importanza strategica di tutto questo per lo sviluppo del Paese e per la tutela del diritto alla salute».

Un patrimonio sottoutilizzato

Il patrimonio dei dati sanitari a disposizione in Italia è attualmente sottoutilizzato per numerose ragioni, a partire dalle differenze nella gestione a livello territoriale e di singole strutture così come per via di approcci conservativi da parte dei soggetti pubblici e privati. Le leggi nazionali ed europee per la protezione dei dati personali, vengono difatti interpretate in senso restrittivo, in taluni casi, anche laddove le informazioni potrebbero essere oggetto di utilizzo lecito e non invasivo a beneficio della collettività.

Interoperabilità

«Si tratta di un momento storico senza precedenti, che rappresenta una grande opportunità e un impulso da saper cogliere», ha commentato Gianmario Verona, presidente di Human Technopole e professore di Management presso Università Bocconi, i dati in rete possono circolare creando conoscenza e anche nel settore delle life sciences, anche grazie alle informazioni fornite dai sensori consentiranno il raggiungimento di importanti risultati. Tuttavia, per poter competere in questa arena, l’Italia deve recuperare il gap investendo su ricerca e sviluppo, sull’interoperabilità e sulle conoscenze trasversali. Senza interconnessione sarà impossibile promuovere un upgrade».

FSE e dossier farmaceutico

Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti italiani, ha ricordato l’importanza della farmacia per la gestione dei dati e come punto importante di tracciamento, come emerso dall’esperienza pandemica Covid-19.
«Occorre oggi lavorare per la piena realizzazione del fascicolo sanitario elettronico – FSE e per sfruttare al massimo anche lo spazio europeo dei dati sanitari che va a tutto vantaggio dei cittadini per offrire loro risposte più mirate. Un fascicolo sanitario elettronico – ha ribadito – che, per maggiore completezza, deve essere implementato anche con il dossier farmaceutico».

Un nuovo modello di assistenza

«Estrarre valore dai dati non è un’operazione banale o ‘automatica’: servono metodo, organizzazione, visione e competenze», ha dichiarato Alfonso Fuggetta, direttore scientifico del CEFRIEL. «Si tratta di un investimento strategico che richiede consapevolezza e impegno a partire soprattutto dal management. Il digitale rappresenta lo strumento abilitante di un nuovo modello di assistenza sanitaria che impatta sulla medicina di precisione e modelli predittivi sempre più mirati».

Elena D’Alessandri