La privacy è un diritto fondamentale del cittadino, che sia malato o meno. Tuttavia, occorre rivedere alcuni processi per evitare che un eccesso di zelo limiti la ricerca e lo scambio di informazioni in ambito medico.

Per questo la Società Italiana di leadership e Management in Medicina (SIMM) ha voluto scrivere un decalogo che riveda in chiave di accountability la normativa che regola il consenso del cittadino/paziente, indispensabile per il trattamento e condivisione dei dati e la collaborazione tra i ricercatori.

Il documento è stato sottoscritto anche da altre associazioni: AIOM, ANMDO, CIPOMO, CITTADINANZATTIVA, FIASO, FONDAZIONE PERIPLO, ASSOCIAZIONE PERIPLO, FONDAZIONE ReS, SIIAM, SIBIOC, SIN. Tra i 10 punti si chiede, per esempio, di rivedere l’articolo 110 del Codice della Privacy, che prevede di poter utilizzare i dati di un paziente solo previa firma del consenso informato; fatto che rende difficile effettuare studi retrospettivi, va contro la volontà europea di favorire la circolazione dei dati sanitari e fini di ricerca e miglioramento delle conoscenze e dei percorsi terapeutici.

Altre richieste sono: la possibilità di utilizzare un dato anche per fini secondari a quello per cui ha ottenuto il consenso, senza rinunciare alla privacy del paziente; il pensare ogni intervento come “digital first”, non per escludere chi non è avvezzo alla tecnologia, ma perché in questo modo si raccolgono più dati; supportare la medicina di iniziativa; la leva, da parte delle Società Scientifiche, nei confronti del Ministero della Salute e del Garante della Privacy perché si intervenga sui regolamenti per ammodernarli e migliorarli.

La parola ad alcuni dei firmatari

Luca Bolognini, Presidente Istituto Italiano per la Privacy e la valorizzazione dei dati, sottolinea l’importanza che «la disciplina privacy italiana va migliorata e allineata al resto della UE: va superata l’autorizzazione preventiva del Garante per l’uso secondario di dati sulla salute per la ricerca osservazionale retrospettiva. Si può passare a un regime più snello e responsabilizzato, cioè a una sorta di “SCIA privacy”. È una questione di sostenibilità, serve un bilanciamento tra protezione e valorizzazione dei dati per il bene comune».

Replica Pierfranco Conte, Presidente Fondazione Periplo: «la medicina basata sull’evidenza derivante dagli studi clinici randomizzati, è insufficiente per garantire una corretta valutazione del rapporto rischio/beneficio dei farmaci innovativi per una serie di motivi: gli studi condotti a livello internazionale spesso poco rappresentativi delle singole realtà nazionali, gli studi che escludono Pazienti anziani con comorbidità o che assumono altri farmaci e gli studi con follow-up molto brevi.

L’unica soluzione è quindi integrare le informazioni ottenute tramite gli studi clinici con le migliaia di dati ottenibili dalla pratica clinica. Uno dei principali ostacoli ad accedere a questi dati, anche quando disponibili, sono i limiti dettati dalle norme sulla privacy. È fondamentale che il valore clinico e sociale di questi dati venga riconosciuto semplificando le norme sulla privacy». 

Importante far circolare i dati sanitari

«L’utilizzo dei dati sanitari è un aspetto cruciale per la realizzazione sia di un’efficace programmazione sanitaria, sia di tutti i progetti di ricerca medica e biomedica che di medicina d’iniziativa finalizzati a rispondere alle esigenze del paziente. Per sfruttare al meglio i dati sanitari, è necessario utilizzare strumenti avanzati, come la stratificazione e l’interconnessione dei flussi sanitari.

Mentre l’UE sta compiendo sforzi innegabili in materia di regolamentazione dei dati sanitari, che convergono verso la volontà di sfruttare il loro potenziale in linea con il Regolamento sullo Spazio europeo dei dati sanitari (Ehds) e la promozione dell’uso di nuove tecnologie, l’Italia rimane ancorata a una interpretazione rigida del nuovo GDPR e a un quadro normativo di non facile ricostruzione. Sul territorio nazionale la circolazione dei dati sanitari per finalità di prevenzione e programmazione sanitaria – oltre che di cura – risulta ancora difficoltosa», interviene Raffaella Gaggeri, Coordinatrice segreteria tecnico-scientifica comitato etico Romagna (CEROM), IRST IRCCS “DINO AMADORI” di MELDOLA.

La difficoltà di far girare i dati sanitari rende difficile anche la loro condivisione tra professionisti differenti che hanno in cura il medesimo paziente, facilitando la ridondanza di prescrizioni mediche e di farmaci a danno del paziente e anche di tutto il Sistema Sanitario Nazionale, già di per sé traballante.

Questi sono solo alcuni degli interventi fatti, che nel complesso vanno tutti nella direzione di sottolineare la necessità di cercare un equilibrio tra tutela della privacy e avanzamento medico.