Nell’attuale contesto della sanità pubblica italiana, la chirurgia è uno dei settori più colpiti da carenze strutturali, finanziarie e formative. Mancanza di investimenti strutturali, cronica carenza di posti letto, riduzione degli specialisti attivi e disomogeneità nell’adozione delle innovazioni sono gli aspetti maggiormente critici. Inoltre, la professione del chirurgo ha perso appeal, anche a causa di turni estenuanti, compensi poco attrattivi e un’elevata esposizione a contenziosi legali.
Le scuole di specializzazione, inoltre, non sempre offrono un percorso formativo completo: la mancata applicazione della legge 402/2017 ha rallentato l’attivazione di reti formative ospedaliere e impedito una distribuzione equa delle opportunità pratiche per gli specializzandi.
Ne parliamo nella monografia “Chirurgia e innovazione: il futuro della formazione e del training preoperatorio”
La formazione pratica: cadaver lab e simulatori troppo poco diffusi
La formazione dei neochirurghi deve necessariamente integrare teoria e pratica. Tuttavia, in molte realtà italiane mancano strumenti fondamentali come simulatori, realtà virtuale, cadaver lab e tirocini qualificanti. In particolare, i cadaver lab sono poco diffusi per motivi economici, legislativi e logistici mentre i simulatori, inclusi quelli basati sulla realtà virtuale, permettono di apprendere in sicurezza e migliorare le performance, ma sono disponibili solo in alcuni poli accademici.
Servono una riforma che preveda ore obbligatorie in ambienti simulati certificati e investimenti mirati per superare l’attuale disparità territoriale.
Il training preoperatorio: una preparazione personalizzata
Ogni intervento chirurgico comporta un margine di incertezza legato alla variabilità anatomica e alla complessità della patologia. Per questo motivo il training preoperatorio riveste un ruolo strategico.
Oltre allo studio di immagini diagnostiche e alla discussione multidisciplinare, nuove tecnologie come la realtà virtuale e aumentata permettono ai chirurghi di simulare in modo realistico l’intervento su un paziente virtuale.
Questo consente di acquisire maggiore confidenza e sicurezza prima di entrare in sala operatoria. Esperienze pilota in Italia, come il progetto lombardo di Open Innovation, dimostrano l’efficacia di ambienti simulativi per la chirurgia mininvasiva e robotica.
Tuttavia, anche in questo caso mancano strutture adeguate, personale formato e una normativa chiara che ne favorisca la diffusione sistematica.
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Stampa 3D: l’alleata del futuro per chirurgia e didattica
La vera rivoluzione arriva dalla stampa 3D, che consente di creare modelli anatomici fedeli partendo da immagini diagnostiche. Organi e tessuti stampati in diversi materiali realistici possono essere usati sia per il training preoperatorio dei chirurghi sia per la formazione degli specializzandi.
Rispetto ai cadaver lab, la stampa 3D è ripetibile, personalizzabile e più accessibile, permettendo a più studenti di esercitarsi su modelli identici e realistici. I vantaggi sono evidenti anche dal punto di vista clinico: prepararsi su un modello stampato migliora la precisione chirurgica, riduce i tempi in sala operatoria e migliora gli esiti per il paziente.
Inoltre, le stampanti 3D permettono di creare guide chirurgiche su misura e, in prospettiva, potrebbero consentire la stampa di protesi personalizzate o tessuti biologici.
Sebbene l’avvio di un laboratorio 3D comporti costi iniziali elevati, i benefici economici indiretti – quali la riduzione delle complicanze, l’ottimizzazione dei tempi e le minori degenze – ne giustificano ampiamente l’investimento.
La stampa 3D non è tutta uguale…
Ma in che modo concretamente possono entrare in ospedale? E soprattutto quali differenze esistono tra le diverse tecnologie esistenti? Soltanto alcune oggi consentono di produrre organi avatar con una somiglianza elevatissima agli organi biologici in termini tattili, di resistenze e di performance.
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