I ricercatori dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (IS) hanno condotto una ricerca che apre nuove strade per il trattamento dei disturbi dolorosi e spastici che possono accompagnare la sclerosi multipla. Lo studio, pubblicato su Frontiers in Neurology, descrive il caso di una paziente nella quale una procedura di neuromodulazione periferica mediante radiofrequenza pulsata ha portato a una riduzione significativa del dolore e degli spasmi.
Ai sintomi classici della malattia può affiancarsi, soprattutto nelle forme progressive, la cosiddetta “spasticity-plus syndrome”, un insieme di manifestazioni che comprende spasticità, dolore neuropatico, spasmi, disturbi vescicali, alterazioni del sonno e fatica.
Il case report del Neuromed
La procedura testata dai clinici del Neuromed si avvale della radiofrequenza pulsata, un metodo che utilizza impulsi elettrici a bassa intensità termica, capaci di ridurre la sensibilità delle fibre dolorifiche senza lesionarle.
I risultati hanno rilevato un miglioramento percepito dalla paziente, con una riduzione del dolore del 50–60%, accompagnata da una minore frequenza degli spasmi e da un miglioramento della qualità del sonno.
«Il nostro obiettivo» spiega Luigi Di Lorenzo, del Centro di Medicina del Dolore dell’I.R.C.C.S. Neuromed «è stato integrare le terapie farmacologiche con una modulazione selettiva dei segnali periferici del dolore. In una paziente complessa, come quella che descriviamo nel nostro lavoro, la radiofrequenza pulsata ha offerto un beneficio clinico percepito come superiore rispetto ai trattamenti precedenti, con un profilo di tollerabilità molto favorevole».
Lo studio sottolinea l’importanza di affiancare approcci innovativi e mini-invasivi alle terapie già disponibili, aprendo scenari di ricerca che potranno tradursi in percorsi di cura personalizzati.
«È un risultato molto incoraggiante» dichiara Carmine D’Avanzo, responsabile dell’Unità di Riabilitazione Neurologica dell’I.R.C.C.S. Neuromed «che naturalmente dovrà essere confermato da studi più ampi e controllati per confermare l’efficacia e definire meglio i candidati ideali. Certamente il modello clinico della “spasticity-plus syndrome” ci ha permesso di considerare sintomi diversi come parte di uno stesso quadro, portandoci a considerare strategie più mirate».
 
            



