Da un lato, per fronteggiare le crescenti e comprensibili paure dei pazienti fragili durante la pandemia e, dall’altro, per evitare che questi possano perdersi nel mare magnum dell’informazione e della disinformazione del web, specialisti di 27 Paesi hanno redatto un documento mirato.

Prof. Filippo Alongi (foto di Renzo Udali)

Fra le firme delle raccomandazioni a uso dei pazienti oncologici durante la pandemia da Covid-19 c’è anche quella del professor Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica avanzata dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato all’Università di Brescia.

Compaiono con lui come autori del documento Davide Mauri, del dipartimento di Oncologia della clinica universitaria di Ioannina in Grecia; Konstantinos Kamposioras, attivo presso il dipartimento di Oncologia medica del Christie National Health Service Foundation Trust di Manchester nel Regno Unito; Maria Tolia del dipartimento di Radioterapia dell’Ospedale Universitario di Larissa in Grecia; e Dimitrios Tzachanis del Programma per i trapianti di midollo osseo e cellule staminali ematopoietiche dell’Università Californiana di San Diego – La Jolla.

All’iniziativa (thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(20)30278-3/fulltext) hanno tuttavia preso parte ben 48 medici di 27 Paesi, mossi da una volontà condivisa. Quella cioè di fornire con un vademecum tradotto in 23 lingue del mondo una guida affidabile e un supporto certo ai malati di cancro che, soprattutto nelle fasi più calde dell’emergenza-coronavirus, hanno talvolta rinunciato a recarsi in ospedale o procrastinato l’accesso alle cure e il follow-up.

Questo, naturalmente, per il comprensibile timore di essere contagiati, in parte giustificabile e giustificato; ma anche per via di quel flusso sovente eccessivo e non sempre attendibile di informazioni che attraverso i media, e in particolare Internet, li ha travolti e disorientati.

Dal Don Calabria aveva già lanciato un allarme in occasione della Giornata nazionale del paziente oncologico la direttrice del dipartimento di Oncologia medica (e presidente della Fondazione Aiom – Associazione Italiana di Oncologia Medica) Stefania Gori, secondo la quale la pandemia ha inciso in negativo sugli screening, visite specialistiche e controlli, con 20 mila diagnosi in meno in due mesi.

La sensibilizzazione in sei mosse

La pubblicazione si è basata sulla revisione e l’integrazione delle «linee guida sulla gestione del paziente oncologico redatte da 63 società di oncologia» su scala internazionale. Il raggruppamento comprende – per quel che riguarda la Penisola – la già menzionata Aiom e Airo – l’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia clinica.

Stilate in più lingue e non solamente nel classico inglese proprio perché debbono risultare comprensibili a un bacino di pubblico il più ampio possibile, le indicazioni sono senz’altro della massima importanza per i malati. Ma al tempo stesso risultano preziose per gli operatori sanitari e delle strutture specializzate, poiché includono informazioni di rilievo circa «i comportamenti e le misure da adottare» e su «come prevenire e trattare l’infezione da Covid-19».

Già alla fine dello scorso maggio si segnalava la disponibilità dei testi sui siti di European cancer patients coalition (ecpc.org) e di Hellenic cancer federation (ellok.org). Sei sono le sezioni o aree di interesse nelle quali la guida è stata opportunamente suddivisa. In primo luogo, è stata affrontata «la definizione di rischio per chi è affetto da tumore, con la raccomandazione di rivolgersi sempre a uno specialista per capire il livello di rischio personale».

Di seguito, è stata sottolineata l’importanza «di applicare tutte le misure igieniche e comportamentali per evitare l’infezione»; e i mezzi per riuscirvi. La terza area ha come focus le azioni da intraprendere nel caso in cui il paziente oncologico manifesti anche una chiara sintomatologia riconducibile al Covid-19.

Nessun rimedio miracoloso

Viene posto qui un marcato accento su un aspetto fondamentale. Cioè che, come ha chiaramente riportato lo stesso Irccs Sacro Cuore Don Calabria in un comunicato, «attualmente non ci sono né farmaci né vaccini che trattino o prevengano l’infezione da nuovo coronavirus». Mancano del tutto altresì «le prove scientifiche relative all’efficacia di interventi dietetici, medicine complementari e alternative o integratori».

La finalità di questo chiarimento è quella di «dissuadere la tendenza, non poco diffusa, di assumere regimi alimentari o sostanze che possono essere nocive».

Oppure, per dirlo in altri termini, di indirizzare la popolazione di riferimento a un utilizzo razionale della Rete, in maniera tale da evitare che qualcuno possa lasciarsi irretire da false promesse e dal miraggio di qualche terapia miracolosa. Gestire il paziente oncologico significa curarne la salute mentale insieme a quella fisica e a questo è dedicata la quarta area di raccomandazione del testo uscito su The Lancet. Al soggetto, «già messo a dura prova dall’ansia causata dal cancro» sono consigliati «esercizio fisico, attività creative, qualità del tempo in famiglia»; e il ricorso al medico «quando il livello di stress diventa non più affrontabile».

Il presupposto è, così come per le altre aree, che fra il curante e il paziente si sia instaurato un rapporto fiduciario solido. L’argomento viene trattato nella quinta area, prima che nella sesta e ultima si descrivano le procedure necessarie a contenere le possibilità di contagio nei centri oncologici. La fiducia è decisiva perché «il paziente condivida la decisione sia di rimandare i trattamenti, se ci sono le condizioni, sia di continuarli se è necessario anche durante la pandemia».

Deve cioè «avere la percezione che il suo team di oncologi sia a disposizione per supportarlo, evitando che prenda decisioni autonome dettate dalla paura».

Un dipartimento all’avanguardia

La Radioterapia oncologica del Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) è sede della Scuola di specializzazione in Radioterapia dell’università di Brescia dove il direttore Filippo Alongi insegna come professore associato, e tratta ogni anno circa un migliaio di pazienti. Il 30% dei quali proviene da regioni diverse dal Veneto e in particolare da quelle centro-meridionali, ma anche dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna. Si avvale di tre acceleratori lineari tra i quali Truebeam, che consente l’applicazione di trattamenti ipo-frazionati (di durata minore) irradiando alla massima intensità il tumore e risparmiando al tempo stesso i tessuti sani limitrofi.

Nel 2017 è stata la prima al mondo a utilizzare un’innovativa tecnica di radiochirurgia (HyperArc) che consente di trattare contemporaneamente più metastasi cerebrali in soli dieci minuti; prima in Europa nel 2018 a impiegare Novalis-Elements Spine SRSL per il trattamento delle metastasi spinali; pioniere in Europa Meridionale per l’uso di Unity, acceleratore lineare integrato con una risonanza magnetica ad alto campo (1,5 Tesla) per il trattamento radio-chirurgico dei tumori, in particolare dell’addome.

«La relazione fiduciaria fra medico e paziente ha un ruolo decisivo»

Intervista al professor Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata dell’Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e professore associato all’Università di Brescia.

Quanto è temibile, professore, la rivalità col dottor Google nel quotidiano di uno specialista?
Sicuramente, nella medicina e nella società moderne alcuni contenuti reperibili su Internet sono importanti per orientare il paziente. Altre volte però, qui sta il pericolo, l’evidenza si confonde con le opinioni e il paziente può essere fuorviato. L’emergenza legata al Covid-19 ha toccato ogni settore della sanità, oncologia compresa, e la diffusione di notizie sulla disponibilità di cure quasi miracolose e possibili terapie alternative, hanno finito per creare marasma.

Abbiamo voluto essere chiari nei confronti dei pazienti, facendo tesoro di requisiti basilari tratti dalle linee guida internazionali di 63 società scientifiche e delle raccomandazioni prodotte per pazienti in corso o no di trattamento. Abbiamo fatto una summa dei materiali disponibili, basata su dati scientificamente consolidati e l’abbiamo tradotta in oltre venti lingue a beneficio dei molti che non conoscono l’inglese, ricevendo l’apprezzamento di una testata di inattaccabile credibilità qual è The Lancet.

Delle sei aree di interesse che compongono il documento quali le stanno più a cuore?
Affrontiamo vari punti d’interesse: il paziente oncologico è particolarmente a rischio di Covid-19 per via delle sue condizioni predisponenti all’infezione nelle quali giocoforza si trova. Abbiamo così voluto fornire raccomandazioni specifiche, presso le Società scientifiche, su come trovare informazioni certe sui fantomatici vaccini e terapie, tuttora inesistenti, per smascherare le tante opinioni fallaci ascoltate in questi mesi.

Sanificazione, gel disinfettanti, distanziamento sociale, sono le uniche armi a disposizione degli ospedali e centri oncologici per difendere i pazienti e i reparti. Sappiamo che il trattamento oncologico deve essere coordinato dal clinico e se il tumore non è identificato, diagnosticato e trattato tempestivamente, anziché il puro rischio di contrarre una malattia come nel caso del Covid, si ha la certezza di incorrere in un esito esiziale.

Il rapporto medico-paziente è essenziale per orientare la terapia, sospenderla se è possibile o minimizzare i pericoli a carico del paziente o di altri quando deve invece esser proseguita. È un obiettivo che si può cogliere non solo con l’isolamento e la sanificazione ma anche con una diversa e più mirata pianificazione delle attività, gestendo in maniera oculata anche l’accompagnamento dei parenti.

Un altro aspetto importante sembra essere quello psicologico…
L’equilibrio mentale in quarantena deve essere oggetto di grande attenzione: il carico di angosce che questa situazione porta con sé va valutato e per questo l’oncologo deve essere affiancato da psico-oncologi, da professionisti focalizzati su questo particolare aspetto, nel singolo paziente.

Abbiamo dovuto quasi inseguire i pazienti, nelle fasi più calde della pandemia, perché vittime di informazioni contrastanti, talora caratterizzati dalla tendenza a evitare del tutto il contatto con gli ospedali e addirittura a interrompere i trattamenti salvavita, con tutti i rischi che ne conseguono.

È stato difficile gestire questo surplus di paura. Ora abbiamo messo in moto accorgimenti, attenzioni – come il triage anamnestico, per sondare il livello di rischio a carico del paziente e prescrivere eventuali altre analisi aggiuntive; abbiamo approntato degli appositi percorsi Covid-free, diversi e separati dal Pronto soccorso, dalla terapia intensiva e dall’infettivologia, nella più totale sicurezza.

Roberto Carminati