A rischio l’intero Ssn se non si impara a gestire il rischio

Adolfo Bertani
Adolfo Bertani

“L’ospedale assicurato è un miraggio o una realtà possibile?”. Parte da questa domanda Adolfo Bertani, presidente del Cineas – Consorzio non profit nato per diffondere la cultura e la formazione manageriale nella gestione globale dei rischi e dei sinistri – per illustrare l’ultima fatica dell’ente che presiede: un Libro Bianco – “Ospedali e assicurazioni: come tutelare il paziente, il personale ospedaliero e lo Stato” il titolo -, che fa il punto della situazione attuale nella sanità italiana e avanza alcune interessanti proposte operative per uscire dal grave impasse. Già, perché la risposta più immediata alla domanda iniziale, la da un chirurgo che è sul “campo” tutti i giorni e sa di cosa parla, ovvero Diego Piazza – presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani e direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza e direttore Uoc Chirurgia Aou Policlinico Vittorio Emanuele di Catania: «ormai c’è il rischio dell’insostenibilità economica dell’intero Ssn e c’è un rischio di insostenibilità professionale per tutti i medici italiani», dice infatti soppesando le parole, ma senza mezzi termini. La situazione illustrata dal Libro Bianco è infatti da incubo: il boom di denunce e azioni giudiziarie contro i medici e le strutture, reso possibile dalla vigente normativa, ha provocato una lievitazione dei prezzi delle polizze perché “il loss ratio (il rapporto tra cumulo dei premi netti incassati in un esercizio e il cumulo dei sinistri liquidati e riservati nello stesso periodo) è aumentato vertiginosamente nell’ultimo decennio” con “risultati disastrosi per le compagnie assicurative” e “la conseguente fuga dal mercato italiano” (vedi, per esempio, la vicenda AmTrust) di molti big del settore, come ha illustrato il direttore di Cineas Carlo Ortolani. Ma, soprattutto, è a rischio la salute stessa dei cittadini, perché i medici, per reazione alla grave situazione, ricorrono sempre più alla “medicina difensiva” (richiesta ridondante di analisi ed esami anche quando non necessari, rifiuto di interventi a più alto tasso di rischio ecc.) che costa al Paese ben 13 miliardi di euro l’anno. Sperando che il legislatore faccia un po’ di chiarezza nel settore, l’unica via d’uscita, dice Bertani «è ridurre la sinistrosità». Come? Innanzitutto con il risk management, cioè «imparando a gestire il rischio, così come avviene in altri settori, per esempio l’aeronautica». Ovvero, rendendo “obbligatoria la figura (e l’azione) dell’Hospital Risk Manager in tutte le aziende sanitarie” e introducendo una formazione specifica per medici, infermieri e altri operatori, cominciando dalle Facoltà di Medicina. In secondo luogo, agendo sulla “responsabilità civile”, attuando la legge 189 del 2012 (cosiddetto “decreto Balduzzi”), con la creazione del Fondo per la copertura assicurativa di chi esercita professioni sanitarie, regolando i criteri per definire il “bonus-malus” e la disdetta delle polizze, stabilendo criteri oggettivi per valutare i danni. E soprattutto, invertire l’onere della prova (che oggi ricade quansi sempre sull’operatore sanitario) e incentivando meccanismi alternativi di risoluzione dei contenziosi. Infine, bisogna ridefinire i concetti di “colpa” ed “errore”, passando dall’attuale sistema di “tort system” (si cerca semplicemente un colpevole) a un sistema “no fault” (si cerca di capire dove è l’errore nel sistema, per correggerlo) secondo il modello scandinavo e neozelandese.