Angioplastica carotidea, al Monzino si fa strada l’approccio dall’arteria radiale destra

Nel 2010 il laboratorio di Cardiologia Invasiva del Centro Cardiologico Monzino di Milano ha introdotto una nuova tecnica per effettuare l’angioplastica carotidea, ovvero l’accesso radiale. Da allora questa tecnica è stata utilizzata 500 volte, con una percentuale di successo elevata, pari se non superiore, in alcuni casi, alla procedura eseguita con l’accesso femorale.
In alcuni casi tale accesso è precluso.

Pietro Montorsi

Il prof. Piero Montorsi, responsabile dell’Unità di Cardiologia Invasiva 2 del Monzino, spiega che, in presenza di «particolari anatomie dell’arco aortico e dell’origine delle arterie carotidi è difficile effettuare la procedura accedendo dalla via femorale», si ha infatti un aumento del rischio di eventi avversi periprocedurali.

«In questi casi, è possibile eseguire l’angioplastica carotidea attraverso l’arteria radiale destra. Tale via alternativa è peraltro ben conosciuta dai cardiologi interventisti, essendo la via principale per eseguire l’angioplastica coronarica».

L’accesso radiale presenta alcuni vantaggi. Il primo, non facendo passare cateteri attraverso l’arco aortico, si riduce il rischio di creare emboli e di impattare quindi sul cervello. Si ha poi la riduzione del rischio di sanguinamento nel postoperatorio, una più rapida mobilitazione del paziente e, fatto da non trascurare, una riduzione dei costi sanitari.

Inoltre, gli stessi pazienti che sono sottoposti a tale procedura si dicono soddisfatti. Inizialmente le indicazioni all’uso di questo accesso erano limitate, ma nel tempo, man mano che la sua sicurezza è stata provata, si è estesa l’indicazione a tutti i pazienti con stenosi carotidea, indipendentemente dal tipo di anatomia carotidea o dal quadro clinico.

Nel corso del 2021 si è così giunti ad applicare l’accesso radiale all’80% dei pazienti trattati per stenosi carotidea. È noto che le patologie cardiovascolari sono ancora oggi la principale causa di morte al mondo. Ne soffrono soggetti di tutte le etnie.

Indiscutibile il legame con gli stili di vita: fumo di sigaretta, una dieta ricca di grassi, vita sedentaria favoriscono la formazione di placche aterosclerotiche che vanno a ridurre il lume dei vasi sanguinei.

A seconda del loro posizionamento, queste placche possono determinare la riduzione dell’afflusso di sangue ad alcune aree del corpo: se il blocco è a livello di arterie coronarie, per esempio, il rischio è di favorire l’insorgenza di un infarto miocardico, mentre se è a livello di carotidi, il rischio è di andare incontro a un attacco ischemico transitorio o, nei casi più gravi, a un ictus cerebrale.

In entrambi i casi, l’ideale è fare diagnosi precoce e, quando necessario, intervenire per liberare le arterie dalle placche stesse, con una tromboendoarteriectomia, oppure per fissare la placca alla parte del vaso e impedire che se ne distacchi una parte, generando un trombo. In questo secondo caso, si fa uso di cateteri. L’angioplastica carotidea fa parte di quest’ultima tipologia di intervento.

«Si parla di una modalità di cura affermata, sicura ed efficace, con risultati sovrapponibili a quelli ottenuti con la tecnica chirurgica standard», riprende il prof. Montorsi. «I motivi di questo successo sono da attribuire al continuo miglioramento tecnologico con sistemi di protezione cerebrale e tipi di stent carotideo sempre più sicuri e dedicati, insieme a una migliore valutazione preprocedurale del paziente e a una sempre più elevata expertise degli operatori».

Il Centro Cardiologico Monzino è punto di riferimento italiano e internazionale per il training teorico-pratico su questa tecnica.

Stefania Somaré