Il responsabile del servizio tecnico e il progettista architettonico della nuova Area Materno-Infantile presso l’Ospedale San Martino di Belluno approfondiscono le principali caratteristiche del nuovo reparto.
«L’ospedale San Martino di Belluno è un edificio con tipologia a monoblocco – spiega l’ing. Stefano Lazzari, responsabile del Servizio tecnico della Ulss Belluno e R.u.p. del progetto – la cui Area Materno–Infantile era precedentemente ospitata in un edificio sanatoriale, risalente agli anni ’30 del secolo scorso e ormai inadeguato a accogliere le attività sanitarie.
L’opportunità di realizzare l’ampliamento è stata colta mediante la sopraelevazione di un corpo aggiunto al monoblocco, realizzato alla fine degli anni ’90 grazie ai finanziamenti destinati alla costruzione di nuovi reparti per i pazienti infettivi e già predisposto, dal punto di vista strutturale, per l’elevazione di ulteriori livelli edificati.
Si trattò di un intervento decisamente sovradimensionato rispetto alle effettive esigenze infettivologiche, connesse ai tempi all’emergenza AIDS. A fianco del reparto di Malattie Infettive, il corpo aggiunto ospita da tempo anche le attività di Pneumologia, Terapia antalgica e Medicina nucleare.
L’idea di trasferire l’Area Materno-Infantile risale a quei tempi, ma solo nel 2007 abbiamo ricevuto i finanziamenti necessari e, a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto integrato, il cantiere è stato aperto nel 2010. Purtroppo l’avvicendamento delle imprese incaricate ha ritardato lo svolgimento dei lavori, che si sono conclusi nel 2016».
Qualità dello spazio ospedaliero
Quali sono stati gli aspetti più qualificanti del progetto?
«La progettazione preliminare e definitiva è stata sviluppata dagli studi Lenzi Consultant e Sanson Associati, con l’obiettivo di conseguire numerosi risultati significativi. Il primo consiste sicuramente nel completo rinnovamento degli ambienti non solo dal punto di vista funzionale e tecnologico, ma anche e soprattutto per quanto attiene qualità architettonica e l’umanizzazione.
Per quanto attiene gli aspetti sanitari, l’Area Materno infantile si caratterizza ora per un livello di dotazioni allo stato dell’arte: ampi spazi ambulatoriali, sale operatorie ISO 5, sale parto dotate di vasca per il parto in acqua, camere di degenza equipaggiate per il rooming-in, un’area per le cure intensive neonatali ecc.
Ulteriori aspetti qualificanti consistono nell’inserimento di nuovi setti portanti, allo scopo di migliorare la risposta del corpo aggiunto alle azioni sismiche, nel contenimento delle dispersioni termiche attraverso l’involucro e nell’installazione sulla copertura di impianti solari fotovoltaici e termici, mirati a incrementare il contributo energetico da fonte rinnovabile per l’intero ospedale».
Qual è stata, invece, la principale difficoltà incontrata?
«A causa di fusioni, subentri e difficoltà finanziarie, durante il corso dei lavori si sono succedute diverse imprese. Di conseguenza i lavori, che dovevano durare circa 18 mesi, si sono protratti per 5 anni. Questa situazione, che ha causato numerosi disagi e un danno oggettivo all’azienda non solo sotto il profilo gestionale, ci ha spinto ad applicare una penale».
Oggi nuovi i reparti, in particolare quello di Pediatria, si presentano estremamente vivaci…
«La scelta dei colori e dei motivi decorativi a parete – basati su immagini legate al gioco e agli sport con la palla, sviluppati con riferimento ai processi terapeutici – è stata fortemente voluta dai vertici medici per rendere gli spazi interni più accoglienti e interessanti, soprattutto nei confronti dei pazienti più piccoli. Anche se la varietà cromatica non sempre ha riscosso unanimi apprezzamenti, personalmente sono molto soddisfatto del risultato raggiunto».
A oltre un anno dall’entrata in funzione, cambierebbe qualcosa?
«Il notevole ritardo accumulato dal cantiere ci ha restituito un reparto leggermente sovradimensionato rispetto alle più recenti previsioni regionali in termini di assegnazione dei posti letto».
L’importanza del dialogo
«La gara per l’ospedale San Martino comprendeva non solo il progetto dell’Area Materno-Infantile – afferma l’arch. Braccio Oddi Baglioni, direttore tecnico dello studio Lenzi Consultant – ma anche interventi per il Pronto soccorso e il servizio Immunotrasfusionale, oltre al reparto di Medicina Nucleare situato nel blocco F.
Si è perciò trattato di un progetto molto articolato, realizzato in diverse fasi compatibilmente con la disponibilità dei finanziamenti. Nonostante i problemi con le imprese, che hanno ulteriormente dilatato i tempi di costruzione costringendoci anche ad aggiornare il progetto per seguire l’evoluzione delle normative, siamo estremamente soddisfatti del lavoro compiuto.
In particolare, il progetto è stato sviluppato in stretta sinergia con i vertici medici e tecnici dell’Azienda ULSS: il dialogo instaurato con i referenti interni si è rivelato estremamente proficuo per due ragioni principali.
Innanzitutto per effetto della chiarezza con la quale il Servizio tecnico ha riportato puntualmente le richieste e i desiderata del personale medico e infermieristico, facilitando non solo la corretta impostazione del progetto ma anche l’introduzione di alcune modifiche rispetto alle previsioni originali – per esempio la trasformazione delle sale operatorie secondo i requisiti ISO 5.
In secondo luogo – ma non meno importante – la fiducia riposta nelle competenze e nell’esperienza del team progettuale, che ci ha permesso di affrontare un progetto comunque molto complesso con un maggiore grado di libertà rispetto ad altri casi, proponendo soluzioni che hanno poi incontrato il pieno gradimento della committenza».
Quali sono gli aspetti più qualificanti del progetto?
«Sicuramente il livello molto elevato di umanizzazione degli spazi ospedalieri. Lavorando soprattutto sui componenti tecnici – per esempio le travi testa letto – sull’ambientazione e sugli arredi siamo riusciti a disegnare ambienti realmente molto accoglienti, scevri da quell’immagine “tecnologica” che troppo spesso risulta troppo fredda e impersonale.
Lo stesso vale per il concept architettonico dell’intero blocco: rifiutando stilemi troppo rigorosi, abbiamo proposto facciate marcate dalla presenza di ampie balconate che, oltre a rendere più gradevole l’immagine esterna, possono essere fruite dai pazienti come piacevoli spazi all’aperto.
In generale, considerando anche il budget a disposizione, ritengo che il risultato finale sia degno di considerazione. Il merito non è solo dei progettisti – ovviamente – ma anche della lungimiranza e dell’ottima organizzazione messa in campo dall’Azienda ULSS. Personalmente, a posteriori, cambierei veramente molto poco rispetto a quanto è stato realizzato».
Giuseppe La Franca
architetto