Lo scorso dicembre Assobiomedica ha pubblicato ulteriori dati relativi all’obsolescenza delle apparecchiature biomedicali in Italia.
Secondo il rapporto oltre il 50% di questi dispositivi, tra risonanze magnetiche, PET, TAC, angiografi, mammografi, ventilatori per anestesia e terapia intensiva.
Più nel dettaglio, avrebbero più di 10 anni di vita il 95% dei mammografi convenzionali, il 69% delle apparecchiature mobili convenzionali per radiografie, il 52% dei ventilatori di terapia intensiva e il 79% dei sistemi adiografici fissi convenzionali.
Una situazione che porta svantaggio tanto ai pazienti, che non possono godere di diagnosi precoci e precise in molti casi, ma anche al Sistema sanitario stesso e alla sua sostenibilità. Macchinari vetusti significano anche liste d’attesa più lunghe.
La maggioranza delle strutture con macchinari obsoleti ne fa una questione di costi, ma investire in macchinari più longevi ed efficienti può invece migliorare la spesa sanitaria, tagliando sprechi e inefficienze.
Assobiomedica ha nuovamente proposto una soluzione per aiutare il rinnovo del parco macchine: introdurre meccanismi di rimborso tramite incentivi per chi cambia i macchinari, cui affiancare invece tariffe penalizzanti per chi ha ancora dispositivi troppo vecchi.
In questo modi si potrebbe avere una graduale sostituzione delle attrezzature e un parco complessivo via via più adeguato da un punto di vista tecnologico.
In questo contesto ci sono aziende come Dräger, che ricorda come le sue apparecchiature elettromedicali siano avanzate dal punto di vista tecnologico e, al tempo stesso, abbiano un ciclo di vita ampio, che consente risparmi sui costi di gestione a medio e lungo termine.
Stefania Somaré