Chirurgia bariatrica, nuova tecnica all’Ospedale San Paolo di Milano

Negli ultimi 40 anni l’incidenza dell’obesità è più che raddoppiata, raggiungendo a livello globale circa il 13%, percentuale che cresce moltissimo se si considerano solo i Paesi ad alto reddito, dove la ricchezza ha portato a stili alimentari esagerati e sedentarietà: in Italia, per esempio, ne soffrono circa il 46% degli adulti e il 26.3% tra bambini e adolescenti.

Dati questi numeri, si capisce perché l’obesità venga considerata una delle epidemie più pericolose del momento: patologia cronica, incide pesantemente su tutti i distretti corporei, favorendo la comparsa di diabete, patologie cardiovascolari, patologie respiratorie e di alcune forme di tumore.

Nella regione europea, è inoltre una delle prime cause di disabilità e morte. In quanto malattia, l’obesità deve essere trattata da un team multidisciplinare che affianchi alla dieta e all’esercizio fisico anche l’attenzione all’aspetto emotivo e psicologico del soggetto: necessaria la presenza di endocrinologo, nutrizionista, psichiatra, psicologo, chirurgo bariatrico ed endoscopista.

Se l’approccio conservativo non porta ai successi desiderati, il gold standard cui riferirsi è infatti la chirurgia bariatrica alla quale, spiega il dottor Enrico De Nicola, responsabile dell’ambulatorio di Chirurgia Bariatrica dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano: «possono sottoporsi esclusivamente pazienti con adeguata consapevolezza e motivazione necessarie, soprattutto nella fase post-operatoria, a garantire aderenza ai regimi alimentari e al follow-up a lungo termine».

Proprio l’ASST milanese ha di recente introdotto nel proprio iter di cura all’obesità una nuova tecnica endoscopica trans-orale che sfrutta un dispositivo CE, Endosleeve. Interviene il professor Paolo Pietro Bianchi, direttore del Dipartimento Chirurgico dell’ASST Santi Paolo e Carlo: «l’Endosleeve rappresenta un’opzione terapeutica mininvasiva sicura ed efficace che integra la chirurgia bariatrica, talvolta ne costituisce un’alternativa in quei pazienti non candidabili all’approccio chirurgico o che rifiutano l’intervento tradizionale».

Il dispositivo, infatti, conserva lo stomaco, riducendone dimensione e volume attraverso una plicatura a tutto spessore. In questo modo il paziente sentirà prima il senso di sazietà, legato anche a un rallentamento nello svuotamento gastrico.

«Questa tecnica», racconta il dottor Luca De Luca, Direttore della struttura di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva della struttura milanese, «ha anche un importante impatto sulla funzione metabolica, determinandone una riduzione dei livelli di ormoni implicati nella regolazione dell’appetito».

Agendo anche a livello metabolico, il dispositivo interviene anche sulle comorbidità associate all’obesità. Al momento la tecnica è stata utilizzata su 2 pazienti, un uomo di 42 anni e una donna di 43, entrambi affetti da sindrome metabolica e resistenti ai precedenti trattamenti medici e dietetici, compreso il posizionamento del palloncino gastrico. Per poter accedere all’intervento, che ha una durata di 45 minuti circa, è inoltre necessario avere un BMI compreso tra 30 e 40.

Soggetti con un BMI maggiore di 40 possono invece avvantaggiarsi del dispositivo come ponte all’intervento chirurgico più definitivo. Utilizzando un approccio mininvasivo, il trattamento consente ai pazienti di tornare al domicilio dopo sole 2 notti di degenza, e di alzarsi e bere già poche ore dopo la procedura.