La fibrillazione atriale è l’aritmia più diffusa nella popolazione mondiale. In Italia la sua incidenza si aggira intorno all’8.3%, con tassi di prevalenza maggiori negli uomini rispetto che nelle donne, pari rispettivamente al 9.1% e al 7.3%.
Gli anziani sono tra i soggetti che ne soffrono di più: sembra che ne sia affetto 1 ultrasessantacinquenne ogni 12: proiettando i dati alla popolazione nel suo complesso, gli over 65 con fibrillazione atriale sarebbero più di 1 milione.
Questa patologia è determinata da attività elettrica delle cavità cardiache completamente disorganizzata, che si traduce in un’azione meccanica imperfetta: si ha così una riduzione del volume di sangue espulso per ogni sistole dai ventricoli e una minore ossigenazione agli organi riceventi. Non a caso, spesso questi pazienti presentano sintomi tipici dello scompenso cardiaco.
Il sangue che non viene espulso si deposita sul fondo dei ventricoli, condensandosi e originando trombi che, se riescono a uscire dal cuore, possono a loro volta causare un’embolia arteriosa periferica o un infarto cerebrale.
Una relazione molto frequente: secondo dati generati nel 2019 dal “Progetto FAI: la fibrillazione atriale in Italia”, finanziato dal Centro per il controllo delle malattie del Ministero della salute e coordinato dalla Regione Toscana, i soggetti affetti da fibrillazione atriale avrebbero un rischio 5 volte maggiore degli altri di incorrere in un ictus cerebrale. Una delle possibili azioni per ridurre questo rischio è chiudere l’auricola sinistra, riconosciuta come la sede nella quale si forma oltre il 90% dei trombi.
L’intervento viene effettuato per via cutanea ed è elettivo per quei soggetti che soffrono di fibrillazione atriale in modo permanente, alto rischio di stroke e con controindicazione all’anticoagulante, alto rischio di sanguinamento, difficoltà a mantenere il valore di INR nei limiti terapeutici.
Di recente il Dipartimento di Aritmologia dell’Irccs Centro Cardiologico Monzino di Milano, diretto dal prof. Claudio Tondo, è stato invitato a partecipare al congresso annuale dell’European Heart Rhythm Association (EHRA) per presentare un caso studio di chiusura percutanea dell’auricola sinistra con caratteristiche di difficoltà, eseguita dal dott. Gaetano Fassini e dal dott. Massimo Moltrasio, con il supporto di uno heart team dedicato, formato dalle dottoresse Anna Cristina Maltagliati e Sabrina Frisoli, dalle infermiere Michela Vendramin e Romina Ranzato e da un tecnico EP, Selene Cellucci.
Si prevede che il numero di procedure di chiusura percutanea dell’auricola sinistra aumenterà, nei prossimi anni, insieme con l’incidenza della fibrillazione atriale. Lo studio già nominato in precedenza, infatti, ha stimato che entro il 2060 in Unione Europea soffriranno di questa patologia più di 14 milioni di persone, per lo più anziane.