Coinvolgere i pazienti nei trial clinici, un appello perché si attui la legge

Il principio della partecipazione dei pazienti in tutte le fasi della ricerca clinica sia recepito finalmente anche in Italia, è quanto chiedono le associazioni di pazienti riunite nel gruppo Persone Non Solo Pazienti, un’alleanza di sedici associazioni di pazienti, rappresentative di diverse aree patologiche, sostenuta da Fondazione Roche.

Nel corso dell’evento “La normativa sulla sperimentazione clinica: ostacoli, opportunità e il ruolo delle Associazioni pazienti”, ospitato a Roma presso il Centro Studi Americani, questo gruppo ha ripetuto una serie di richieste alla politica affinché “i malati siano coinvolti in ogni fase trial clinici”. Il coinvolgimento dei pazienti in tutte le fasi della ricerca clinica, infatti, è un punto cruciale indicato nel Regolamento europeo n. 536 del 2014 e nella legge attuativa italiana n. 3/2018, la cosiddetta legge Lorenzin, ma rimasto finora inattuato nei decreti applicativi.

Questo stesso gruppo, negli anni scorsi, aveva realizzato la prima Carta etico-deontologica in Europa per la partecipazione delle associazioni di pazienti ai trial clinici, in collaborazione con un team di ricercatori di bioetica e biodiritto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, anticipando alcuni temi di grande attualità: accesso ai trial, trasparenza, coinvolgimento dei pazienti.
Questi aspetti sono considerati un fattore decisivo per una ricerca clinica più forte e trasparente e per il raggiungimento di obiettivi terapeutici importanti in diverse patologie, tra cui quelle tumorali e le malattie rare.

Non solo una scelta etica, ma un modo per favorire l’efficienza

«La partecipazione delle associazioni di pazienti ai trial clinici è fondamentale, in tutte le sue fasi, per portare le esperienze, il vissuto e le conoscenze dirette dei pazienti nel cuore della ricerca e dell’innovazione», ha posto l’accento Antonella Celano, presidente dell’Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare.
«Il coinvolgimento dei pazienti nei trial clinici, oltre a essere una scelta di grande valenza etica è anche uno strumento essenziale per rendere più fluido l’iter della sperimentazione clinica, in quanto può favorire una maggiore efficienza nello sviluppo dei farmaci e il loro successivo impiego secondo criteri di appropriatezza».

«L’incontro odierno è l’ulteriore dimostrazione che il gruppo Persone Non Solo Pazienti sta lavorando nella direzione giusta», ha affermato Mariapia Garavaglia, presidente Fondazione Roche. «Da tempo, infatti, le istituzioni e gli sperimentatori hanno riconosciuto l’importanza di ottimizzare e rendere più fluidi i protocolli di sperimentazione dei farmaci sull’uomo, portare il punto di vista di chi affronta in prima persona la malattia nel cuore della sperimentazione fa sì che le terapie possano essere costruite sempre più a misura del paziente, accelerando il percorso della ricerca clinica, con la possibilità di far arrivare prima i farmaci alla disponibilità dei malati e contribuire a ridurre i costi organizzativi, con vantaggi per la ricerca, la salute dei pazienti e la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. Questa partecipazione ha inoltre una grande valenza in termini di farmacovigilanza».

Accessi rapidi alle ricerche e condivisione dei dati

La possibilità di accelerare il percorso dei farmaci, senza saltare alcuna fase della sperimentazione, è stata messa in evidenza dall’emergenza Covid.

«La pandemia è stata un grande acceleratore di ricerca con un forte coordinamento nazionale ed europeo, ma soprattutto una condivisone rapida dei dati, con un sistema di pubblicazione dei risultati a livello internazionale», ha dichiarato Giuseppe Ippolito, direttore generale della Ricerca e dell’Innovazione in Sanità del Ministero della Salute, «è necessario consentire un rapido accesso all’innovazione terapeutica e il paziente diventa sempre più centrale nella conduzione delle sperimentazioni, con un ruolo che non è limitato a dare il proprio consenso a esse, ma che comprende anche il monitoraggio di tutte le diverse fasi, dando ai pazienti la certezza che si tratta di reale innovazione attraverso percorsi codificati di cui le Agenzie regolatorie sono garanti».

Opportunità per il Paese e la ricerca da non perdere

Secondo i dati disponibili più recenti, in Italia nel 2019 sono state approvate 672 nuove sperimentazioni cliniche, pari al 23% di quelle approvate nell’Unione Europea.
Una quota importante che rischia però di contrarsi se non si supereranno i ritardi nell’attuazione del Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche, emanato nel 2014 con l’obiettivo di rendere l’Europa un ambiente attrattivo per lo svolgimento delle sperimentazioni.
Il Regolamento ha avuto un passaggio decisivo con l’entrata in vigore, lo scorso 31 gennaio, del Clinical Trials Information System, punto di accesso unico per la presentazione e l’autorizzazione delle domande di sperimentazione clinica nell’Unione Europea e nei Paesi dello spazio economico europeo, ma l’Italia è tra i Paesi tuttora in ritardo in questo iter normativo, essendo mancate delle misure attuative, a cominciare da quella relativa alla riorganizzazione dei Comitati Etici.

«La competizione sulle sperimentazioni cliniche oggi non è tra aziende, ma tra Paesi. È quindi nell’interesse di tutti vincere questa competizione perché i Paesi più competitivi attraggono un maggior numero di studi clinici con i relativi investimenti», ha spiegato Maurizio de Cicco, componente del Comitato di presidenza di Farmindustria. «Da gennaio ad aprile 2022, secondo un Report pubblicato da EMA, sono state presentate 56 domande di sperimentazioni cliniche sulla base delle nuove procedure del Regolamento europeo. Di queste, solo 12 in Italia, perché gli sponsor tendono a concentrare gli studi nei Paesi che sono già in regola con le nuove norme».

«La recente approvazione delle norme che permettono di utilizzare per fini registrativi i risultati delle ricerche no-profit o non sponsorizzate, garantendo la copertura dei costi sostenuti dal Servizio sanitario nazionale e un riconoscimento per il valore generato dal promotore indipendente, può rappresentare un volano per la ricerca clinica nel nostro Paese», ha auspicato Dario Manfellotto, presidente della Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti (Fadoi).

Porre l’accento sulle esigenze dei pazienti

Tuttavia, nell’attuazione del Regolamento europeo, a mancare all’appello finora è proprio il principio espressamente indicato nella legge Lorenzin relativo al coinvolgimento delle associazioni di pazienti in tutte le fasi della sperimentazione, che permette di definire gli obiettivi delle sperimentazioni in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti in termini di efficacia, sicurezza, funzionalità e sopravvivenza.

«La centralità dei pazienti e delle loro associazioni nel sistema della ricerca clinica è ormai un dato assodato, come dimostra anche l’impostazione della recente iniziativa lanciata dalla Commissione europea insieme alle Agenzie regolatorie nazionali e a EMA, in contemporanea all’applicazione del Regolamento europeo, Accelerate Clinical Trials in the Eu (Act Eu)», ha affermato Sandra Petraglia, dirigente Area pre-autorizzazione di Aifa.
Una delle azioni prioritarie di Act Eu è stata quella di creare una piattaforma multistakeholder per il coinvolgimento diretto dei pazienti e delle associazioni di pazienti.

«La parola chiave», ha affermato Salvo Leone, direttore generale dell’Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie dell’Intestino (Amici), «è medicina partecipativa: il medico fornisce le competenze di tipo clinico, il paziente porta il proprio percepito e il vivere al di fuori dell’ospedale. Non vogliamo mettere in competizione il mondo scientifico e quello dei pazienti, ma parlare di compartecipazione».

Nei prossimi mesi, ha anticipato il gruppo Persone Non Solo Pazienti, il loro impegno sarà tutto concentrato sull’obiettivo di accelerare l’emanazione dei decreti attuativi, assicurando che sia salvaguardato il principio del coinvolgimento delle associazioni di pazienti e che, al tempo stesso, siano definiti requisiti omogenei e condivisi mutuamente riconosciuti nei Paesi UE per l’accreditamento delle associazioni come soggetti attivi nei trial clinici, garantendo loro l’accesso a tutte le informazioni sulle sperimentazioni cliniche europee nell’ambito del Clinical Trials System.

Chiara Cominoli