Sono sempre di più gli anziani affetti da patologie croniche che necessitano di essere seguiti a casa da personale specializzato. In molti Paesi questo lavoro è svolto da infermieri specializzati che rientrano all’interno dei servizi sanitari offerti da un ente.
In Italia questa prassi sta prendendo piede. Questi servizi dovrebbero favorire un certo equilibrio nella salute degli assistiti, riducendo le riacutizzazioni e quindi le riospedalizzazioni.
Sono servizi che entrano nel contesto della continuità ospedale-territorio. Ovviamente, si tratta di servizi che vanno a incidere sulle risorse economiche di un’azienda sanitaria, ma se il loro operato riducesse davvero il tasso di riospedalizzazione, il gioco potrebbe valere la candela.
Uno studio, pubblicato sul Journal of Healthcare Management dal Dipartimento di Amministrazione Sanitaria della Virginia Commonwealth University di Richmond si è concentrato sulla relazione tra stato finanziario di questi SNF ed efficacia dell’intervento, in termini di rientro in ospedale dei pazienti dimessi.
Quando si calcolano i costi di un servizio occorre tenere conto di quelli diretti e indiretti: se per esempio fornire più risorse ai SNF consentisse di ridurre il tasso di riammissione dei pazienti e di averli più sani a casa, è chiaro che se ne avrebbe un vantaggio.
Lo studio ha voluto quindi rispondere a una domanda precisa: una più alta redditività ritardata di una struttura infermieristica qualificata permette di ridurre il tasso di riammissione ospedaliero per tutte le cause a 30 giorni, al netto del rischio? Lo studio si basa sulla realtà della Virginia, molto differente dalla nostra dal punto di vista sanitario, ma quanto evidenziato può fornire qualche indicazione anche ai nostri decisori politici.
Gli autori hanno utilizzato informazioni finanziarie prese dal report dei costi dedicato agli SNF del Centers for Medicare & Medicaid Services Healthcare, struttura che raccoglie e rielabora i dati contenuti nel Healthcare Cost Report Information System (HCRIS) cercando di renderli completi e ben leggibili.
Inoltre, si è tenuto conto, per ogni struttura, del tasso associato di riammissione non pianificata a 30 giorni per tutti i contribuenti e per tutte le cause preso dal Long Term Care Focus, progetto del Centro di Gerontologia e Ricerca Sanitaria della Brown University di Providence, nello Stato del Rhode Island, incentrato sui servizi infermieristici domiciliari negli Stati Uniti.
Gli autori hanno dimostrato che un piccolo incremento nella redditività ritardata consente di ridurre il tasso di riammissione a 30 giorni, risultato che può essere considerato robusto perché si è evidenziato in diversi periodi temporali e per diversi modelli di specificazione.
Lo studio suggerisce quindi che i manager dei servizi infermieristici specializzati non dovrebbero vedere nel basso profitto un limite all’efficacia del servizio, ma mette anche una pulce nell’orecchio dei decisori politici, chissà quanto si potrebbe ridurre il tasso di riammissioni se si dessero più risorse agli SFN gestiti da Medicaid?
Noi potremmo tradurre questa domanda per il nostro contesto come segue: quanto potrebbero incidere i servizi infermieristici domiciliari sulla gestione della cronicità e la riduzione delle riospedalizzazioni se avessero più fondi?
(Lo studio: Clement, Jan P. PhD; MacDonald, Kristin M. Is Skilled Nursing Facility Financial Status Related to Readmission Rate Improvement?, Journal of Healthcare Management: March-April 2022, Volume 67, Issue 2, p 89-102 doi: DOI: 10.1097/JHM-D-20-00320)
Stefania Somaré