Per comprendere i meccanismi alla base dei danni cardiaci collegati al Covid-19 il Centro Cardiologico Monzino di Milano, con la collaborazione dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, ha ottenuto da Regione Lombardia un finanziamento di 513.000 euro per un progetto di ricerca semestrale dal titolo “Effetti dell’infezione da Covid-19 sull’infiammazione e la fibrosi cardiaca. Modellizzazione in vitro: Cardio-COV”.

Fin dal principio della pandemia, l’infezione causata dal Covid-19 si è mostrata capace di causare conseguenze non solo a livello respiratorio ma anche a cardiaco, con complicanze come aritmie e scompenso persistenti anche dopo la guarigione.
Al momento non è chiaro se queste conseguenze siano da imputare direttamente al virus o all’effetto della cosiddetta “tempesta citochinica”, causata dall’aumento molto marcato di fattori infiammatori circolanti.
Quindi si sa che il virus danneggia il cuore, ma non si conoscono i meccanismi molecolari che creano questo danno, per questo al momento non si dispone di farmaci mirati in grado di garantire una cardioprotezione più efficace.

Il progetto Cardio-Cov (finanziato nell’ambito del bando “Programma Operativo Regionale 2014-2020”, Linea 2A) si propone di far luce su questi meccanismi esaminando l’interazione tra il Covid-19 e le cellule stromali del cuore, un tipo cellulare coinvolto nella risposta infiammatoria e fibrotica.

«Già nei primi dati provenienti dalla Cina a fine febbraio si evidenziava la presenza di problemi cardiovascolari rilevanti nei pazienti Covid-19», spiega Maurizio Pesce, responsabile dell’Unità di Ricerca in Ingegneria tissutale cardiovascolare del Monzino e coordinatore del progetto. «Abbiamo quindi ipotizzato che il danno sistemico causato dall’infezione potesse colpire direttamente il cuore mediante l’interazione del virus con le cellule cardiache, oppure attraverso un meccanismo indotto dall’aumento delle citochine infiammatorie circolanti.
Di supporto a questa ipotesi vi è l’evidenza che una delle vie più importanti con le quali il virus entra nelle cellule dell’ospite, il recettore ACE2, è presente sulle cellule stromali cardiache e che proprio queste cellule sono protagoniste della risposta paracrino/infiammatoria alla base della fibrosi e dello scompenso cardiaco».

Cardio-COV si avvarrà di metodiche virologiche classiche e tecnologie innovative di ingegnerizzazione tissutale, grazie alle quali si potranno verificare direttamente gli effetti dell’infezione e/o l’attivazione dei meccanismi infiammatori nel miocardio.
Essendo queste tecnologie a disposizione dei partner particolarmente adatte per studiare l’effetto di farmaci in condizioni altamente controllate e riproducibili, con il progetto Cardio-Cov si potrà valutare l’efficacia di composti farmacologici cardioprotettivi specifici per Covid-19.
Quest’ultimo risultato sarà molto utile per identificare terapie in grado di ridurre il rischio di miocarditi, shock cardiogenico, infiammazione o fibrosi cardiaca, correlato all’infezione da Covid-19.

Partendo dal know-how del Monzino, che dispone di esperienza per l’analisi delle cellule stromali cardiache e il loro potenziale infiammatorio e fibrotico, il progetto analizzerà la riposta in vitro all’esposizione al Covid-19 utilizzando campioni di virus messi a disposizione dall’Istituto Nazionale Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, che è stato tra i primi al mondo a isolare il virus.
Lo studio si avvarrà, inoltre, di una tecnologia all’avanguardia che consente di ospitare e coltivare in condizioni fluido-dinamiche sterili cellule, tessuti 2D o 3D, o biopsie di pazienti, riproducendo in vitro una condizione fisiologica vicina a quella reale del paziente, senza bisogno di sperimentazione su animali.

Struttura 3D costituita da cellule stromali cardiache umane coltivate in vitro

«Le prove che stiamo effettuando all’INMI», continua Alessandra Amendola, dirigente biologo del laboratorio di Virologia dell’INMI, «hanno l’obiettivo di approfondire la relazione, non ancora chiara, fra Covid-19 e cellule del cuore.
In particolare, stiamo verificando la suscettibilità delle cellule stromali cardiache all’infezione da Covid-19 attraverso infezioni in vitro con l’isolato virale in nostro possesso.
Dai risultati che otterremo potremo capire se lo stroma cardiaco possa essere considerato un reservoir, cioè una fonte di produzione virale nei pazienti.
Inoltre, speriamo di chiarire se i danni cardiaci osservati in molti pazienti Covid-19 siano un effetto diretto dell’interazione del virus con le cellule del cuore o se, invece, rappresentino un fenomeno più o meno correlato a una potente risposta immunitaria, a sua volta conseguenza di altre caratteristiche specifiche dei pazienti che, fino a oggi, non sono state ancora individuate».

Il progetto prevede l’uso di un sistema fluidico multicamera che consente di agevolare e accelerare la ricerca scientifica dei ricercatori.

«Il punto di forza di Cardio-Cov è che, grazie alla tecnologia e alle competenze impiegate, otterrà risultati immediatamente applicabili nel campo delle terapie farmacologiche cardioprotettive», conclude Pesce. «Ciò significa, in concreto, che anche in caso di una seconda ondata pandemica avremo nuovi strumenti per proteggere il cuore e quindi ridurre la mortalità e i temibili effetti di Covid-19 sulla nostra salute».