Dal Regno Unito idee per ristrutturare la sanità

L’ultimo anno e mezzo ha messo in seria difficoltà anche i sistemi sanitari più solidi, portando gran parte del management sanitario a riflettere sull’opportunità di ristrutturarli e renderli più adeguati alla nuova condizione epidemiologica.

Oggi la medicina permette di mantenere una buona qualità di vita anche con una serie di patologie croniche, le popolazioni sono mediamente più anziane ma anche più fragili, mentre il maggior movimento di persone e merci facilita il diffondersi di nuovi patogeni nel mondo, il che aumenta il rischio di pandemie. Senza dimenticare il diffondersi dell’antibioticoresistenza.
Questi sono solo alcuni dei fattori da prendere in considerazione.

Una delle soluzioni su cui sta lavorando il National Health Service britannico è la creazione di Hub diagnostici di comunità (CDHs), centri diagnostici elettivi ad alta produttività dove riallocare i servizi diagnostici per patologia oncologica, cardiaca e respiratoria, per esempio, ma non solo.

L’idea è quindi di ridurre al massimo i servizi diagnostici interni agli ospedali per acuto e anche facilitare la riduzione delle liste d’attesa: un problema serio, soprattutto se si pensa che per la maggior parte delle malattie una diagnosi ritardata comporta un percorso terapeutico più complesso e, spesso, anche una riduzione delle possibilità di sopravvivere.

Gli CDHs prometterebbero, quindi, di facilitare l’accesso ai servizi diagnostici e, in un certo senso, rendere la sanità più equa.

Come dovrebbero essere fatti? Nel Regno Unito per ora si sono ideati due progetti: uno standard e uno più ampio.
In entrambi i casi, la sola costruzione di questi hub non è sufficiente a risolvere il problema diagnostico in corso: gli inglesi stanno infatti lavorando anche allo sviluppo di protocolli integrati e basati sui sintomi dei pazienti, meglio se con una compartecipazione di medicina primaria e specialistica, chiamate a parlarsi e individuare il percorso migliore per il paziente.

Infine, si intende sfruttare i vantaggi lasciati dalla recente pandemia, come l’uso della telemedicina: si prevede che alcuni test diagnostici possano essere svolti anche a distanza.

L’idea è quindi di implementare tutta l’Information Technology, soprattutto nelle aree ecografiche, endoscopiche e di imaging. Spazio verrà dato anche all’intelligenza artificiale per supportare i medici nel processo diagnostico. Come si vede, l’Inghilterra sta ripensando profondamente il proprio sistema diagnostico, tanto da aver già stabilito che si debba arricchire il parco corrispettivo macchine.

Una volta realizzati i CDHs potranno inoltre occuparsi di seguire i pazienti con patologie croniche o comunque a lungo termine, richiedendo loro di presentarsi per appuntamenti laboratoriali di check-up o per test del sangue a cadenza regolare: si prevede che, essendo il servizio decentralizzato per essere vicino alle comunità, ciò potrà migliorare la gestione di questi pazienti. Si spera, dunque, che le lezioni del Covid facciano scuola e permettano di rendere i sistemi sanitari migliori e più vicino alla popolazione.

Stefania Somaré