Da sempre la digitalizzazione rappresenta un tasto dolente per la sanità e, più in generale, per il sistema Paese che da anni si posiziona fanalino di coda nelle classifiche dell’UE. Negli ultimi mesi tuttavia, la pandemia da Covid-19 ha costretto il sistema sanitario ad una drastica accelerazione che ha implicato la revisione di molti processi in chiave organizzativa e tecnologica.

L’efficacia e la qualità dei progetti di innovazione digitale in sanità dipendono tuttavia sempre più spesso dalla capacità di collaborazione tra imprese e aziende sanitarie e ospedaliere.

Se da una parte sono necessari progetti “di sistema” a livello nazionale e regionale, dall’altra è importante che vengano correttamente gestiti progetti a livello aziendale, cercando di sviluppare iniziative in grado di coniugare aspetti di innovazione organizzativa e tecnologica, accompagnati dallo sviluppo di competenze per il personale.

L’innovazione digitale dovrà essere una priorità strategica per le aziende del settore e, di conseguenza, il top management e, in primis, il direttore generale dovrà assumersi la responsabilità di decidere quali aree di investimento prediligere.

Dall’altro lato, il mondo dell’offerta di soluzioni digitali dovrà essere in grado di comprendere l’evoluzione delle necessità della domanda, lavorando in partnership con l’azienda sanitaria per sviluppare progetti coerenti con le esigenze e con i nuovi trend tecnologici.

Sono stati questi i temi cruciali affrontati nella sessione dal titolo “La digitalizzazione nelle aziende del SSN e confronto con l’industria digitale in Italia” all’interno del Forum Sistema Salute dello scorso 5 novembre, attraverso un confronto tra le esperienze di direttori generali di aziende sanitarie e ospedaliere con manager delle imprese del mondo dell’offerta ICT, per comprendere cosa è stato fatto sinora per rispondere allo “tsunami Covid” e quali sono le priorità sulle quali intervenire per realizzare una sanità digitale italiana a tutto tondo.

Covid-19, cosa è stato fatto: esperienze a confronto

Michele Brait, direttore generale ASST di Pavia ha illustrato il percorso fatto che può essere suddiviso in due filoni, l’uno ad impatto interno, laddove l’innovazione è andata a riorganizzare processi organizzativi e gestionali, e uno a impatto esterno, inteso come miglioramento nell’offerta al paziente. Negli ultimi mesi, per rispondere all’emergenza, sono state potenziate le infrastrutture di rete, create nuove centrali telefoniche, si è proceduto all’acquisizione di un portale web per la gestione dei flussi di richieste online.

È stato inoltre potenziato il sistema di reporting, il monitoraggio real time, i posti Covid e l’uso del tablet per i pazienti in isolamento. Sul fronte esterno è stato introdotto il sistema di monitoraggio per i positivi in remoto, tramite app e clinical command centre con verifiche ogni 12 ore e monitoraggio dei parametri vitali. I sistemi di videocall aziendali sono stati utilizzati anche all’esterno per fornire supporto ai pazienti fragili della diabetologia e della psichiatria infantile. È stata inoltre abilitata la riabilitazione domiciliare attraverso i tablet ed è in corso di sperimentazione la telemedicina per le residenze sanitarie assistite – RSA e alcune aree in difficoltà.

Si è inoltre cercato di fare attività informativa attraverso il canale YouTube.
Chiara Serpieri, direttore generale ASL del Verbano Cusio Ossola, ha ricordato che la regione Piemonte ha adottato un sistema di gestione centralizzato. Tuttavia, nella prima fase del Covid, è stato riscontrato un grave ritardo nella realizzazione dei progetti in innovazione determinato dal piano di rientro cui la sanità è stata sottoposta negli ultimi due anni. La Regione ha tuttavia realizzato una piattaforma centralizzata per la gestione dei casi Covid a livello regionale. In questa fase si sta lavorando alla centralizzazione della gestione dei posti letto, un elemento cruciale in quanto le diverse province non sono state colpite allo stesso modo.

«Ci ha aiutato molto la gestione informatizzata di ricette e prescrizioni; adesso stiamo lavorando anche alla gestione centralizzata dei casi negativi dei test rapidi e dei tamponi prescritti dai medici di famiglia. Un elemento essenziale è stato l’implementazione della banda larga anche nelle aree montane della regione. È stata inoltre potenziata l’area pediatrica tramite una rete di teleassistenza poi estesa anche ad altri pazienti fragili. È stato infine costruito un gruppo di telemedicina composto da medici e infermieri di comunità volto a seguire i pazienti anche nella fase più critica».

Monica Calamai, direttore generale ASL di Ferrara, ha ricordato che la prima fase Covid ha consentito uno spostamento di circa il 50% delle attività specialistiche in telemedicina con risparmi importanti per il sistema: basti pensare che in remoto ogni prestazione consente un risparmio di circa 15 minuti, il che si traduce in un recupero di 10 turni lavorativi annui. Altresì il risparmio economico di prestazioni erogate in telemonitoraggio è notevole, tanto da abbattere del 24% il costo medio annuo del paziente.
Attualmente si sta cercando di estendere il processo di digitalizzazione alla cardiologia, attraverso dispositivi indossabili, e si sta potenziando l’area dello scompenso cardiaco.

«Non c’è dubbio che l’emergenza Covid ha consentito una repentina introduzione di strumenti volti a migliorare l’efficienza organizzativa», ha sostenuto Angelo Tanese, direttore ASL Roma 1, agendo principalmente su tre linee di attività: la centralizzazione di una piattaforma regionale per la gestione dei flussi e dell’attività diagnostica determinata dal Covid-19 (nella Regione Lazio è stato introdotto Lazio Advice, piattaforma dedicata a monitoraggio e sorveglianza attiva nei confronti delle persone positive in un quadro integrato anche con il 118); rafforzamento strutturale delle singole aziende, anche a livello di contact centre; una più efficace organizzazione del lavoro.

Il contributo delle aziende ICT

Il mondo dell’industria dell’ICT, dal canto suo ha cercato di aiutare le aziende sanitarie a comunicare con il cittadino in modo più snello. Stefania Mancini, direttore generale di I-tel, ha ricordato come il processo sia iniziato con il monitoraggio dei pazienti in isolamento e l’esecuzione dei tamponi, con sistemi di chiamate automatiche, poi estese anche al rinvio delle prestazioni ambulatoriali.

«Attualmente si sta organizzando il pre-triage tramite un sistema automatizzato per snellire alcune procedure e un contact tracing indirizzato ai pazienti che hanno avuto esito positivo al tampone».

Daniela Scaramuccia, partner, responsabile Settore Pubblico e Sanità IBM Global Business Services, ha ricordato il ruolo fondamentale che la tecnologia ha avuto in questa emergenza per la resilienza del sistema sanitario. La connettività è stata il primo, imprescindibile tassello, ma resta cruciale l’IoT tramite sensori indossabili che raccolgono i dati dei pazienti e li trasmettono ad una control room.

«10 anni fa inoltre la telemedicina non era economicamente conveniente quanto lo è oggi, come è stato messo in luce dalla dottoressa Calamai. È per questo che appare oggi improcrastinabile un investimento serio in infrastrutture tecnologiche in grado di cambiare il modello di presa in carico e cura dei pazienti».

In questa pandemia tutte le aziende di settore hanno messo a disposizione i più grandi centri di calcolo e la grande capacità computazionale dando vita, insieme all’industria farmaceutica, alle università e alle strutture sanitarie, ad un consorzio Covid-19 per accelerare la ricerca. Grazie a innovativi sistemi è possibile infatti simulare il comportamento dei farmaci e delle malattie e accelerare così lo sviluppo di vaccini. «In quest’ottica», ha ricordato infine, «sarebbe giusto estendere i livelli essenziali di assistenza al digitale per tutti».

Principali barriere allo sviluppo della sanità digitale e priorità per il futuro

Tra le principali barriere allo sviluppo dell’innovazione tecnologica e digitale in sanità, Michele Brait ha ricordato un sistema di decreti e normative che spesso “ingessano”, agendo da freno all’innovazione, oltre all’assenza di una disponibilità di fondi dedicata. «Non esistono ancora tariffe per le prestazioni in telemedicina e in molti ambiti si naviga ancora in acque poco chiare», ha ricordato, «oltre all’assenza di specifiche competenze per quanto concerne il personale».

Un tema, quello dell’assenza di competenze, condiviso e ribadito dagli altri relatori. Per il futuro è importante innanzitutto “non tornare indietro”, e quantomeno stabilizzare i processi messi in atto nella fase più acuta dell’emergenza Covid-19. Si punta inoltre alla digitalizzazione dell’intero percorso assistenziale del paziente, a delle “mobile clinic” con team clinici sul territorio, oltre a una più intensa collaborazione pubblico-privato.

«Il comparto sanitario è cruciale per il Paese e noi, grazie all’innovazione, possiamo migliorare gli esiti per il paziente in tutto e per tutto», ha sottolineato Chiara Serpieri.
«Occorre una radicale riforma dei percorsi e la cultura digitale deve entrare a far parte a pieno titolo del percorso clinico-assistenziale», ha ribadito Monica Calamai.
Solo in questo modo, è stato evidenziato da più parti, sarà possibile guidare un cambiamento utile a tutti che metta ancor più il paziente al centro.

Elena D’Alessandri