DNA e diabete: individuato un gene protettivo

render of DNAIl diabete insulino-dipendente è in crescita, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo dice da tempo. Ecco perché lo studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Diabetes, organo dell’American Diabetes Association, è importante: per la prima volta è stato individuato un gene la cui mutazione protegge da due delle più importanti complicanze del diabete, la retinopatia e la nefropatia. Si tratta della mutazione associata al gene SLC19A3, che codifica per il trasportatore hTHTR2 della vitamina B1, anche detta Tiamina. La scoperta prese avvio quasi vent’anni con la pubblicazione di alcune ricerche svolte dal Laboratorio di Retinopatia Diabetica della Medicina Interna I Universitaria dell’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, entrambi diretti dal professor Massimo Porta. In questi studi si dimostrava il ruolo della Tiamina, in modelli di coltura cellulare, nel correggere molte anomalie fisiologiche connesse con alti livelli di glucosio nel sangue.

Il ruolo della Tiamina fu poi confermato su modelli animali in laboratori tedeschi, inglesi e americani. A questo punto entrò in gioco il professor Per-Henrik Groop, responsabile del Finnish Diabetic Nephropathy (FinnDiane) Study di Helsinki, un gruppo di ricerca che ha raccolto la maggior casistica mondiale di pazienti con diabete tipo 1, analizzandone l’intera sequenza genomica. Lavorando su questo data base di dati, si sono scoperte due mutazioni puntiformi associate al gene SLC19A3 e anche a un alto livello di protezione da nefropatie e reticulopatie, appunto. La scoperta è stata rafforzata da ulteriori studi utilizzando altre due casistiche, stavolta statunitensi: il Diabetes Control and Complications Trial (DCCT/EDIC) e il Wisconsin Epidemiology Study of Diabetic Retinopathy (WESDR). I risultati sono stati replicati in parte dei pazienti americani, portando il livello di significatività della scoperta a genome-wide significance. Questa scoperta è solo un primo passo, ovviamente, e richiede ulteriori studi, ma resta estremamente importante. L’abstract dello studio si trova a questo link: http://diabetes.diabetesjournals.org/content/early/2015/12/15/db15-1247.abstract?sid=111c5cb4-b802-4fcb-aec7-160b26b42282.

Stefania Somaré