La figura del coach sta prendendo sempre più piede anche in ambito sanitario, con varie declinazioni.
Esistono esperienze di coaching atte a facilitare lo sviluppo di ambienti relazionali sani nei quali i membri di uno staff ospedaliero possano sentirsi realizzati, riconosciuti e gratificati.
Migliorare l’affiatamento di un’équipe chirurgica, mettere in evidenza ed elaborare le criticità relazionali può aiutare a migliorare l’esperienza dei professionisti e del paziente.

Uno studio statunitense ha confermato gli effetti positivi del coaching in ambito chirurgico (Pradarelli JC, Yule S, Lipsitz SR, et al. Surgical Coaching for Operative Performance Enhancement (SCOPE): skill ratings and impact on surgeons’ practice [published online ahead of print, 2020 Jul 8]. Surg Endosc. 2020;10.1007/s00464-020-07776-1. doi:10.1007/s00464-020-07776-1).
23 chirurghi di diverse specialità e provenienti da quattro ospedali universitari hanno partecipato a sessioni complete di coaching, ognuna focalizzata sulle tre fasi di un intervento: quella preoperatoria, quella intraoperatoria e quella postoperatoria, durante la quale si è condotto un debriefing.

Le performance sono state valutate con due scale, la OSATS modificata (Objective Structured Assessment of Technical Skills) e la NOTSS (Non-Technical Skills for Surgeons).
Inoltre, a chiusura del percorso, i partecipanti sono stati intervistati per rilevare anche la loro percezione dell’utilità di quanto vissuto.

I risultati hanno evidenziato un miglioramento nel lavoro di squadra, nelle abilità comunicative e nell’attenzione dentro e fuori dalla sala operatoria.
Inoltre, alcuni partecipanti si sono detti convinti che l’affiancamento di un coach possa essere utile per ridurre il rischio di burnout e gestire meglio il carico di lavoro. Altri, invece, altri temono che se il percorso viene gestito male può peggiorare le due situazioni.

Stefania Somaré