Essenziale estendere lo screening neonatale

L’Osservatorio Malattie Rare ha pubblicato la seconda edizione del Quaderno SNE – Prospettive di estensione del panel, in cui analizza la situazione italiana dello screening neonatale.
A oggi, grazie agli avanzamenti della ricerca, sono dieci le patologie con test validi per la diagnosi precoce e che potrebbero essere inserite nel panel nazionale: malattia di Fabry, malattia di Gaucher, malattia di Pompe, mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), atrofia muscolare spinale (SMA), immunodeficienza ADA–SCID, adrenoleucodistrofia X-linked (X–ALD), immunodeficienza PNP–SCID, altre immunodeficienze rilevabili con test TREC/KREC e sindrome adrenogenitale.

Si tratta di patologie che, se diagnosticate in fase prenatale, possono giovarsi di un percorso terapeutico capace di limitare molto il carico della malattia. Inoltre, per ognuna di queste malattie esistono esperienze di screening neonatale a livello regionale, ma nessuna è inserita nel panel nazionale.

Spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio Malattie Rare: «ogni giorno di ritardo nell’implementazione della legge 167/2016 può costare la vita o la salute a uno di questi pazienti. I termini per l’aggiornamento sono scaduti da tempo.
Sappiamo che il tavolo tecnico del Ministero ha fatto un grande lavoro in questo ultimo periodo e ci auguriamo che il ministro Schillaci voglia immediatamente prenderne atto e trasporlo in un decreto e che i successivi aggiornamenti procedano in modo più spedito».

In Italia sono quarantanove le malattie inserire nello screening neonatale obbligatorio, un numero elevato al quale andrebbero aggiunte le dieci di cui sopra, ma non solo. Ciò che serve è un aggiornamento costante, perché «ci sono altre malattie che grazie al progresso scientifico arriveranno presto ad avere le carte in regola per lo screening, come per esempio la ASMD, prima nota come malattia di Niemann-Pick, la leucodistrofia metacromatica, il deficit di AADC e diverse altre forme di mucopolisaccaridosi», spiega il prof. Pession, direttore dell’Unità Operativa di Pediatria dell’Irccs Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna e presidente della Società Italiana Malattie Metaboliche Ereditarie e Screening Neonatale.

Il Quaderno SNE le analizza una a una alla luce dei requisiti minimi stabiliti nel 1968 dai criteri di Wilson e Jungner. Gli esperti sottolineano come occorra riformare il processo d’implementazione dello screening neonatale per renderlo più fluido e adeguato ai tempi nei quali le scoperte scientifiche si susseguono sempre più rapide.

Spiega il prof. Giancarlo la Marca, direttore del Laboratorio Screening Neonatale Allargato dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze: «la legge 167 è un fiore all’occhiello del nostro Paese e di passi avanti in questi anni ne sono stati fatti tanti, ma si può e si deve ancora migliorare.
I laboratori sono passati dai tre iniziali a quindici, coprendo in media un bacino di 25.000 nati ciascuno. La copertura ottimale sarebbe, però, 60.000 neonati, dunque si può efficientare ancora.
I fondi ci sono ma, anche in vista di un allargamento e della probabile necessità di dotarsi di nuove tecnologie e personale formato, bisogna efficientare al massimo e far sì che i finanziamenti previsti nei LEA arrivino effettivamente alle strutture che si occupano del percorso screening.

A oggi questi finanziamenti arrivano alle Regioni in un fondo indistinto e non vincolato allo scopo: sarebbe opportuno, per il futuro, identificare un meccanismo che garantisca la specifica destinazione dei fondi al percorso di screening neonatale.
Si tratta di un presupposto importante e necessario per garantire un livello di screening qualitativamente soddisfacente, con personale dedicato, e un servizio uniforme su tutto il territorio, tanto più in vista di un prossimo allargamento del panel».

Identificare per tempo i soggetti con malattie rare può portare grande vantaggio a tutto il SSN, in termini di spese e risorse.