Finanziaria 2024 e sanità, l’analisi di GIMBE

Nino Cartabellotta

La situazione per il SSN nazionale resta a rischio, con un’iniezione di investimenti durati a non permanere nel tempo e comunque insufficienti a risolvere anche le questioni contingenti.

Fondazione GIMBE ha preso il testo bollinato della legge Finanziaria 2024 e la relazione tecnica, per rianalizzarli e fornire un giudizio obiettivo. Primo aspetto da valutare, il Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN): questo ha ottenuto un incremento di 3 miliardi di euro per il 2024, 4 miliardi per il 2025 e 4,2 miliardi per il 2026.

Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione GIMBE, ha però sottolineato: «se in termini assoluti è ben evidente il netto incremento del FSN nel 2024, non si intravede per la sanità pubblica alcun progressivo rilancio del finanziamento pubblico. Infatti, gli incrementi previsti nel 2025 (+1%) e nel 2026 (+0,15%) sono talmente esigui che non riusciranno nemmeno a compensare l’inflazione, né l’aumento dei prezzi di beni e servizi». Ne consegue che se, sulla carta il Governo sembra aver potenziato il SSN, di fatto avremo un rapporto spesa sanitaria/PIL in calo, dal 6,6% del 2023 al 6,1% del 2024. Scendiamo ora nel dettaglio di aspetti da anni definiti salienti da Fondazione GIMBE e non solo, come il rinnovo dei contratti per gli operatori sanitari.

Contratti: nulla di chiaro in Legge di Bilancio e Relazione Tecnica

La politica, si sa, spesso si muove a suon di annunci, ma nulla è reale sino a che non è trascritto nero su bianco in legge. Questa sembra la situazione presente per il rinnovo dei contratti di dirigenza medica e sanitaria, valido per medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali.

Spiega Cartabellotta che «la Manovra prevede per le nuove assunzioni (art. 50, c. 1) € 250 milioni dal 2025 e € 350 milioni a decorrere dal 2026 e, soprattutto, non fa alcun cenno all’inderogabile abolizione del tetto di spesa sul personale sanitario».

L’intervento potrebbe quindi essere insufficiente, soprattutto per motivare i professionisti a restare nel SSN o a entrarvi. Il rischio è alto, perché la carenza di personale è sempre più grave, soprattutto tra gli infermieri.

Da ultimo, Cartabellotta sottolinea come la «la riforma del sistema pensionistico entri “a gamba tesa” sul personale sanitario che, già depauperato e fortemente demotivato, rischia di chiedere il pensionamento anticipato per non incappare nella tagliola, provocando un’emorragia di medici e infermieri che metterebbe definitivamente in ginocchio il SSN».

Abbattimento liste d’attesa

La Manovra prevede un tetto di spesa complessivo di circa 500 milioni di euro da utilizzare in diversi modi: aumentare la tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive di medici e infermieri; acquistare servizi sanitari ambulatoriali da privati od ospedalieri da privati accreditati. Ed è qui che ad alcuni è parso che la Legge voglia favorire la sanità privata.

Infatti, si ha un incremento della spesa dall’1% del 2011 al 3% del 2024 e 2025, per arrivare a un 4% costante dal 2026. Interviene Cartabellotta: «se formalmente inserita tra le misure per l’abbattimento delle liste d’attesa questa disposizione appare finalizzata a sostenere le strutture private accreditate già esistenti per due ragioni. Innanzitutto, perché a differenza dell’incremento della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive (art. 42) che cessano nel 2026, rimane in vigore anche per gli anni successivi, ovvero diventa strutturale. In secondo luogo, perché avendo come riferimento il consuntivo 2011 delle Regioni, gli incrementi del tetto di spesa sono proporzionali a quanto ciascuna Regione ha speso 12 anni fa».

Ne conseguono differenze regionali che portano la Lombardia a poter spendere 3,3 miliardi in privato accreditato e la Valle D’Aosta solo 6 milioni.

«Queste misure, nel complesso, sono guidate da una logica prestazionistica e appaiono insufficienti per tre ragioni. Innanzitutto, la Manovra non prevede alcun provvedimento collegato per monitorare e ridurre l’inappropriatezza delle prescrizioni mediche. In secondo luogo, il potenziamento dell’offerta viene comunque scaricato sul tempo dei professionisti sanitari. Infine, nel testo non si fa menzione alcuna dell’aggiornamento del Piano Nazionale Governo Liste di Attesa, scaduto nel 2021».

Le incertezze

Conclude Cartabellotta: «in termini assoluti gli incrementi del FSN previsti dalla manovra rappresentano senza dubbio un’importante iniezione di risorse per la sanità pubblica. Tuttavia, considerato che circa € 2.400 milioni saranno destinati al doveroso rinnovo contrattuale del personale sanitario, residueranno per tutte le altre misure € 600 milioni nel 2024, € 1.600 milioni nel 2025 e € 1.800 nel 2026. Cifre che da un lato appaiono insufficienti per consentire alle Regioni di attuare tutti gli obiettivi della Manovra, dall’altro – essendo tutte le misure finalizzate a specifici interventi – non c’è alcun margine di manovra per adeguare la spesa sanitaria alla crescita dei prezzi. Con la necessità di scelte gestionali difficili per allocare le esigue risorse tra i vari obiettivi e di dover ricorrere, ancora una volta, a strumenti per razionalizzare la spesa deleteri per la qualità dell’assistenza. Infine, per gli anni 2025 e 2026 la Manovra non prevede per la sanità alcun rilancio del finanziamento pubblico, ma torna a quelle cifre da “manutenzione ordinaria” messe sul piatto da tutti i Governi che, negli ultimi 15 anni, hanno contribuito a disgregare i princìpi di universalismo, uguaglianza ed equità, erodendo il diritto costituzionale alla tutela della salute. In altre parole, dalla Manovra non emerge alcun potenziamento strutturale del SSN, ma solo il tentativo di risolvere, peraltro in maniera insufficiente e inadeguata, le criticità contingenti».

Si conferma, quindi, la scarsa capacità di visione e di lungimiranza che da anni caratterizza la nostra politica, non solo in ambito sanitario.