Garattini, serve una rivoluzione culturale per la sanità italiana

Silvio Garattini

«Non basta il PNRR, è necessaria una rivoluzione culturale e l’ingegnere clinico è il baricentro tecnologico di questa svolta», così Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri di Milano, intervenendo alla sessione di apertura del 21° convegno nazionale AIIC.
«Ben venga il PNRR se serve ad avviare un sistema digitale efficiente per ricavare ciò che serve al Paese.

Più spinta alla tecnologia

Oggi le tecnologie sono entrate ancora poco nel SNN, a dispetto di quanto si dichiara ovunque. Si pensi, per esempio, a quello che avremmo potuto raccogliere in termini di dati condivisi con un sistema digitale efficiente durante la pandemia.

C’è quindi uno spazio enorme da occupare, perché il SSN deve diventare un laboratorio basato su miliardi di dati correttamente utilizzati per indirizzare le decisioni».

Serve una scuola superiore di sanità

La rivoluzione di cui parla Garattini si basa sulla prevenzione, sull’università e sull’avvio di una scuola superiore di sanità, per formare manager di alto profilo, creando dinamicità contrapposta a rigidità burocratica.

«Le idee», ha concluso Garattini, «servono prima dei finanziamenti. Avere i soldi ma essere privi di pensiero porta a sperperare risorse».

Riforme coraggiose

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha confermato il pensiero di Garattini: «le risorse economiche servono per rilanciare il SSN, ma siccome il nostro SSN era il malato sotto osservazione, un’iniezione di denaro pubblico richiede un cambiamento culturale mirato e puntuale.
Dobbiamo chiederci che cosa vogliamo portare a casa con il PNRR? Se vogliamo solo soldi con qualche progetto, finiamo per mettere pezze occasionali al SSN. Se non ci saranno riforme coraggiose non ci sarà il value for money».

Tra queste “riforme coraggiose” il presidente Gimbe ha sottolineato la necessità di non confondere tra loro investimenti ordinari e straordinari.

«Investiamo da subito sul capitale umano e rilanciamo le politiche sanitarie», ha concluso Cartabellotta. «Valorizziamo poi la ricerca, rivoluzioniamo la medicina del territorio, facciamo formazione e informazione sulla telemedicina. Questi sarebbero i primi valori su cui sviluppare un pensiero nuovo e che possa durare nel tempo».